La Tartaruga Rossa: la recensione di Bonigol


Splendida metafora della vita in ogni suo aspetto, dal più scontato al meno prevedibile, "La tartaruga rossa" è un lungometraggio d'animazione del 2016 coprodotto da Francia, Belgio e Giappone che attraverso suoni e immagini racconta la lotta per la sopravvivenza e l'individuazione dell'uomo attraverso la "fusione" con l'ambiente e la scoperta dell'amore. Gli unici suoni "umani" che udirete per tutta la durata del film sono quelli gutturali della rabbia e della preoccupazione o l'ansimante respiro della fatica (non è presente un solo dialogo), accompagnati dall'incontaminata (e aggiungerei sublime) "orchestra" della natura nonché da una coinvolgente colonna sonora.


L'impatto con il film è brutale. Sullo schermo appare un uomo, in balia delle onde di un mare in burrasca, aggrappato alla sua barchetta rovesciata. Le sue speranze di "salvezza" sembrano essere molto poche ma dopo una strenua resistenza si risveglia sulla spiaggia di una minuscola e disabitata isola tropicale.
Un inizio per il quale ogni parafrasi è superflua. Ogni vita include una lotta (fisica o psichica) che ci porterà a ridisegnare uno scenario futuro diverso dall'auspicabile. Quante volte ci siamo trovati su un'ignota spiaggia deserta: primo giorno di un lavoro che non volevamo, di una scuola sbagliata, di una convalescenza imprevista? Quanti di noi accecati dalle certezze del passato continuano a vederlo (quel passato) come un rifugio sicuro anziché voltarsi dall'altra parte e cercare la propria strada andando avanti? Il nostro naufrago dedica ogni energia residua alla costruzione di una zattera (la spiaggetta è circondata da un canneto) che gli permetta di abbandonare l'isola ma ogni suo tentativo è vanificato dagli attacchi di una grossa creatura marina: una tartaruga rossa. Un giorno dall'alto dell'unico alto scoglio dell'isola, l'uomo vede l'enorme rettile trascinarsi goffamente sull'arenile e, accecato dal rancore, dopo averlo aggredito con un bastone, riesce a capovolgere il carapace rendendolo "inoffensivo". Potrà così attuare senza indugi il suo piano di "fuga". Tuttavia, la pietà e il rimorso (che son parte dell'essere umano) iniziano a "torturare" la coscienza del naufrago fino a quando la comparsa sull'isola di una misteriosa ragazza dai capelli rossi gli aprirà gli occhi verso altri orizzonti (quelli dell'amore) ben più ampi di quanto le "mentite spoglie" della spiaggetta abbiano mostrato.

La tartaruga rossa (non a caso il rosso è simbolo di vita, energia vitale, passione, amore) è quel sentimento che suscita l'eterno dilemma (Should I stay o should I go?, cantavano i Clash) e che si stabilizza non senza far fronte ai problemi (distrugge la zattera, ti fissa con aria di sfida, ma poi è debole, indifeso, arenato sotto il sole e infine assume le sembianze della bellezza e -senza fare niente- si accasa nel tuo cuore).

Se Manzoni nel ventottesimo capitolo de I Promessi Sposi parla del sale come quell'elemento grazie al quale "cortecce degli alberi e fili d'erba di prato possono convertirsi in cibo", così l'amore (quello da "due cuori e una capanna") cambia il destino dell'uomo in funzione del rapporto di coppia. Ecco che gli istinti di libertà si placano e si arenano nell'abbraccio di una donna. E prende forma lo "schema" che ne consegue, quello che spinge ad anteporre la persona amata a tutto il resto. La vita però trova sempre nuovi espedienti per rimescolare ogni nostra certezza e che un paradiso possa diventare inferno è grande verità prima ancora che banale considerazione.

Tra melodici sciabordii delle onde, onirici violinisti sul bagnasciuga, scenari suggestivi di fauna ittica, sole e luna, "La tartaruga rossa"ci racconta l'essere umano (con tutte le sue debolezze) messo alla prova dai fattori esterni che "minano" la sicurezza di ogni cammino. Un film fatto di grandi silenzi comunicativi e raccontato attraverso uno stile grafico minimalista, naif ma essenziale (che penetra gli occhi fino al cuore). I colori del giorno, in netto contrasto con quelli della notte, la pacatezza delle acque contrapposta alla loro violenza, sono tutti elementi di trasposizione (gli alti e bassi della quotidianità) che danno dinamicità a una "storia" statica che a piccoli passi (orme) sulla sabbia conduce verso l'epilogo naturale degli eventi.

Qualche spettatore sbadiglierà, altri assegneranno un "giudizio d'ufficio", altri ancora (tra cui il sottoscritto) si perderanno nei labirinti esistenziali (infiniti come l'oceano) ripensando alle proprie scelte (giuste o sbagliate) e a quale fattore esterno (tempesta, temporale, tsunami), ostacolo o sentimento (tartaruga rossa) le abbiano portate a concretizzarsi nella nostra vita.


E un giorno, dove (e quando) meno te lo aspetti piomba nella tua vita l'amore e tutto ciò che ti circonda cambia in funzione di esso (nessuna accezione negativa in ciò) e nemmeno l'istinto di sopravvivenza prevarrà. "La tartaruga rossa" si chiude poi in maniera "circolare" (per cerchio s'intende quello della vita che per perpetuarsi necessita il sacrificio di uomini che "fanno spazio" ad altri uomini) congedandosi con un finale poetico e intriso di simbolismo. Le tartarughe verdi (verde in quanto acerbo) accompagnano il "nuovo" della vita alla ricerca del proprio cammino attraverso quel grande oceano che è il mondo (capace di farci sentire indigeni, naufraghi, giusti e sbagliati, graditi o indesiderati), sempre pronto a sottoporci a nuove esperienze e nel quale sopravvivere è importante, ma non è che un punto di partenza.

Bonigol

Commenti

  1. Me ne hanno parlato molto bene, e credo non sarò né tra coloro che sbadiglieranno né tra coloro che daranno giudizi d'ufficio.
    L'argomento -che poi è la forza della vita, a quanto ho capito- è interessante.

    Moz-

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    1. Anche Pietro ne parlò, mi sa nel 2017 o nel 2018. Ammetto che è un film molto poetico, ma anche "ansiogeno" per me...

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  2. Caspita che recensione!
    Mi tolgo il cappello dinanzi ad uno stile così coinvolgente.
    Non saprei definirlo diversamente.
    Se avessi letto di questo lungometraggio in altri termini, avrei iniziato a sbadigliare sin dal primo paragrafo. Perché la trama è pesante, l'assenza di dialoghi noiosa.
    Invece, ho continuato a leggere immedesimandomi nella tartaruga e anche nell'uomo, fino a scoprire l'Amore.
    Bravo Bonigol. Ed io non sono una che fa complimenti a casaccio. Chapeau.

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    1. Per questo ho "spinto" affinché Bonigol mi donasse qualche guest post :D.
      Il film non ispira neanche me, alla fine.
      Hai detto bene: trama pesante e anche io non amo l'assenza di dialoghi.

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  3. Bellissima recensione, un po' troppo profonda per il sottoscritto e forse "spoilerosa" ma comunque bellissima.
    A me piacciono le opere prive di dialogo, ricordo un ottimo videogioco indie così, con grugniti e farfugliamenti di una lingua inesistente.

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    1. Magari mi piacciono le opere con un protagonista silenzioso..(tipo Mad Max 2). Però troppo silenzio..no...salvo poche eccezioni.

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