La partita: film ambizioso che non coglie il bersaglio


Film del 2018 di Francesco Carnesecchi, "La partita" è il manifesto di quello che non va, oggi, nel cinema italiano. Partendo - difetto principale - dalla recitazione in romanesco con parole sussurrate: o sono io ad avere problemi di udito (possibile), oppure devono imporre i sottotitoli in sovrimpressione.  La trama del film è comunque la seguente, come riportato sulla Wikipedia:
Una squadra di calcio giovanile si gioca la vittoria del campionato all'ultima giornata. Attorno alla partita, tra droga, scommesse clandestine, violenze e piccoli drammi familiari, si sviluppano le storie di Claudio, l'allenatore; Italo, il presidente della società; e Antonio, il capitano della squadra.
La volontà del regista è quella di mostrare i lati sporchi del calcio, focalizzandosi sui loschi interessi che girano attorno anche a una semplice partita di un trofeo tra due squadre di ragazzini, intrecciando vite e destini attorno al rettangolo verde; purtroppo si mettono in cottura i soliti ingredienti: la droga (quelle leggere che assumono i ragazzini e quelle pesanti), le scommesse, le partite truccate; manca la speculazione edilizia, che non è però più di moda come tematica.  C'è la deriva pulp-noir che sembra imprescindibile per il cinema di oggi (ah, Gomorra! Ah, Suburra!). Infatti ci sono gli immancabili malavitosi, il ciccione con i capelli lunghi e il simil serbo smilzo, che non mancano mai nei film italiani moderni.  Tutto stereotipato e poco originale, secondo me. E c'è anche la "zuffa", oramai immancabile in tutti i film italiani del periodo, zuffa che scoppia - non sul campo da calcio - per futili motivi, in una scena caricaturale che dovrebbe far ridere o far riflettere, invece, parere personale, fa venire voglia di spegnere la televisione in anticipo (anche perché sembra effettivamente l'ultima scena del film).



Il calcio è una materia complicata, da trattare al cinema. Pupi Avati in "Ultimo minuto" lo fece magistralmente. Il nocciolo del film è la compravendita di partite che ha visto coinvolto il mitico Ferroni (Ugo Tognazzi). Cosa c'è di più turpe di un dirigente che compra le partite? Eppure Ferroni lo fa, impegnando beni personali, per evitare "una tragedia sportiva". Non è un mostro, né un eroe, riprendendo un celebre verso "de andreiano". Italo (il pur bravo Alberto Di Stasio) scommette 50.000 euro, per pagare il moderno terreno sintetico acquistato dal figlio cocainomane, con l'intento di ricavare un business dal campo da calcio. Difficile provare empatia per Italo, nonostante gli sforzi di Di Stasio, che riesce a donare al suo personaggio drammaticità, malinconia e rassegnazione. Non male Giorgio Colangeli (il personaggio a sorpresa della storia), generoso Francesco Pannofino, a suo agio nei panni del burbero, ma leale allenatore di provincia. Non basta però per salvare una pellicola molto ambiziosa, ma che ha il sapore del "già visto", nonostante l'ambientazione non comune del campetto di periferia. Poco appassionante soprattutto per noi amanti del calcio, che crediamo ancora nella bellezza di questo sport, pur consapevoli del marcio che spesso lo inquina, ad alti, ma anche bassi livelli.

Commenti

  1. Non hai detto che sono stata io a consigliartelo, invece delle solite commedie anni '70.
    E beh, la prossima volta, quando leggo la guida tv, mi faccio i fatti miei! :)))

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    1. Diciamo che senza di te non mi sarei proprio accorto della trasmissione in tv :D

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  2. sul calcio ti consiglio "442 - il gioco più bello del mondo", soprattutto il primo e l'ultimo episodio (il secondo, quello sul calcio femminile, sembra scritto da Tavecchio, per i tanti luoghi comuni, calciatrici lesbiche, inseriti...)

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    1. Lo conosco bene, ma nonostante i tanti passaggi tv non l'ho mai visto. Prima o poi lo recupero!

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  3. Sono sincera...da come lo hai descritto, penso che mi annoierei a morte nel guardarlo ;)

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  4. Il film sul calcio mi sono sempre piaciuti, ma questo me l'hai di fatto proprio sconsigliato :D

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  5. Solito cinema pieno di stereotipi che strizza l'occhio a filoni sfruttati fino all'osso.
    Non lo vedrò neanche per sbaglio...

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    1. Davvero, saltalo a piedi pari...Molto sopravvalutato, secondo me. Ma basta metterci un po' di pulp che i critici vanno in brodo di giuggiole :D (sempre secondo me).

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    1. Ti consiglio, Cav, di mantenere il "mai visto" per sempre, riferito a questo "La partita" :)

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  7. Proprio ieri sera a Propaganda Live Pierluigi Pardo diceva che lo stadio - e per estensione il calcio - fa parte della nostra cultura e in qualche modo la permea fino in profondità. Credo che il tema principale che il regista di La Partita voleva portare avanti - non riuscendoci - era proprio il modo capillare con cui questo sport purtroppo si intreccia con le attività illecite, dalle speculazioni agli ultras che ti vendono i biglietti a prezzi maggiorati o istigano i giovani tifosi (storia vera che ho appreso da alcuni ragazzi) a riunirsi dopo le partite per andare a picchiare i tifosi della parte avversa.
    Io ho smesso di seguire il calcio anni fa perché non riuscivo più a divertirmi tra sospetti, burocrazia esagerata e tanti aspetti che con il calcio giocato avevano ben poco.
    Tuttavia, ammetto che questo film è alquanto dimenticabile anche se io non ero stato così tagliente con la recensione. Ma i gusti so' gusti, quindi va bene.

    Di sicuro è un film che non rivedrò, questo si.

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    1. Grazie Mick anzitutto per il bellissimo commento...
      Hai fatto due esempi calzanti: gli ultras che speculano economicamente (qualche volta con il placet delle stesse società calcistiche) e le violenze degli ultras, piaga che a oggi non è stata debellata.

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  8. Da fan di Boris, vedendo che nel film c'erano Pannofino e Di Stasio, volevo dargli una possibilità. Ma il trailer non mi convinse del tutto. A quanto pare ho fatto bene :D

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    1. Bravo, anche io ho avuto un'illuminazione vedendo la coppia Pannofino-Di Stasio.
      Che per inciso sono bravi eh...Meglio il secondo del primo, qui.

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