Cinema e dintorni: The Blues Brothers e Bohemian Rhapsody. Brani diversi, stesse emozioni (di C.D'Aleo)


Blues e Rock: la complementarietà si fa avanti

The Blues Brothers è un film commedia musicale del 1980 diretto da John Landis e interpretato da John Belushi e Dan Aykroyd. La pellicola è divenuta parte integrante della storia del cinema grazie al suo cast di musicisti e cantanti, alla trama affine a un “musical”, alla magistrale interpretazione dei protagonisti Belushi e Aykroyd. I due interpretano i fratelli Jake "Joliet" Blues (John Belushi) ed Elwood Blues (Dan Aykroyd), personaggi inventati ai tempi delle loro prime collaborazioni al celebre programma televisivo statunitense Saturday Night Live; divennero ben presto famosi ovunque, inconfondibili nei celeberrimi vestiti neri e occhiali da sole Ray-Ban Wayfarer. Il film, tra l’altro, conquistò il Guinness dei primati per la scena con il maggior numero di incidenti d'auto. The Blues Brothers costò circa 30 milioni di dollari. In poco tempo nacque un culto attorno a quella pellicola che ancora oggi riscuote parecchi consensi. Il 20 e 21 giugno 2012, in occasione del centenario della major produttrice e del trentennale della morte di John Belushi, il film è stato riproposto in versione restaurata in tutto il mondo.  In una Chicago dei primi anni ottanta, Jake “Joliet” Blues (John Belushi), esce di prigione dopo tre anni e ad attenderlo c’è il fratello Elwood (Dan Aykroyd). I due vanno a trovare Suor Mary “Pinguina” Stigmata, la madre superiore dell’orfanotrofio cattolico dove sono cresciuti. Suor Mary, chiede aiuto ai fratelli Blues poiché ha ricevuto una lettera dell’Ufficio delle Tasse che chiede 5.000 dollari di arretrati. Quasi impossibile far fronte a quel debito. I due fratelli allora, vanno a cercare aiuto presso la Chiesa del Reverendo Cleophus James (James Brown) e qui ricevono una dritta su come risolvere i gravi problemi economici della Pinguina: l’idea è quella di riunire tutti i componenti della loro vecchio gruppo musicale. I due fratelli si trovano così in una serie di situazioni incredibili e paradossali in cui finiscono per incontrare i personaggi più eccentrici della Chicago di quel tempo, come per esempio una signora di nome Murhpy (Aretha Franklin) che cucina pollo e pane bianco tostato o un venditore di strumenti musicali cieco che si chiama Ray (Ray Charles). Tutto questo, sempre mentre vengono inseguiti o tenuti sotto controllo da agenti di polizia, cantanti country, nazisti dell’Illinois, e chiunque sia stato truffato o maltratto da quella “Banda”.


Bohemian Rhapsody è un film del 2018 diretto da Bryan Singer. La pellicola ripercorre i primi quindici anni del gruppo rock dei Queen, dalla nascita della band nel 1970 fino al concerto Live Aid del 1985. Il film ha ricevuto quattro Oscar durante la 91ª edizione dei premi (miglior attore, miglior montaggio, miglior montaggio sonoro, miglior sonoro), risultando la pellicola con più premi vinti in quell'edizione. Freddie Mercury, Brian May, Roger Taylor e John Deacon formano i Queen nel 1970 e poco per volta scalano le vette delle classifiche discografiche mondiali fino a diventare una leggenda della musica rock. Nel 1970, Farrokh Bulsara (Rami Malek), studente britannico di origine parsi (seguace della religione Zoroastriana i cui antenati provengono dalla Persia, l’attuale Iran), assiste all’esibizione della “band Smile”. Conclusa la serata, il cantante abbandona il gruppo e Farrokh si presenta al batterista Roger Taylor (Ben Hardy) e al chitarrista Brian May (Gwilym Lee), offrendosi di rimpiazzarlo. Quella stessa sera, il ragazzo si invaghisce di Mary Austin (Lucy Boynton). Con l’ingresso del bassista John Deacon (Joseph Mazzello) la band si chiude e modifica il nome in "Queen". Grazie al carisma di Farrokh, che cambia legalmente il suo nome in Freddie Mercury, il gruppo fa colpo su John Reid (Aidan Gillen), manager della casa discografica EMI. I Queen raggiungono ben presto una fama meritata. Quando il dirigente Ray Foster (Mike Myers) rifiuta di presentare il loro quarto album, ‘A Night at the Opera’, con il lancio di ‘Bohemian Rhapsody’, la band abbandona la casa discografica e inizia un nuovo percorso discografico certamente non meno importante. Intanto Freddy sposa Mary ma inizia a provare i primi dubbi sulla sua sessualità. Tormentato dall’amore che prova per sua moglie e dal giudizio della famiglia di fede zoroastriana, Freddie intraprenderà una relazione con il suo manager Paul Prenter (Allen Leech). Negli anni Ottanta, iniziano a nascere le prime tensioni e Paul allontana progressivamente Freddie dagli altri membri della band. Nel corso di una delle dissolute feste organizzate dal suo compagno, il cantante si imbatte nel cameriere Jim Hutton (Aaron McCusker), che lo induce a entrare in crisi con se stesso. Intanto, la stampa sembra interessata solo alla sessualità del cantante e la censura del video di ‘I Want to Break Free’ non fa che alimentare ancor di più i gossip sulla vita privata di Freddie. La Star, mal consigliata, lascia la band e firma un contratto milionario con la CBS Records scegliendo di esibirsi da solo. La sua vita diventa un continuo girovagare tra eccessi ed estremi fino a quando la visita inaspettata di Mary lo convincerà a riprendere in mano la sua carriera. La donna lo persuade a partecipare con i Queen al concerto Live Aid organizzato da Bob Geldof a Wimbledon. Mentre Freddie tenta di recuperare i rapporti con la band, le analisi rivelano che ha contratto l’AIDS. E’ l’inizio della sua fine.
Il 13 luglio 1985 Freddie fa visita alla famiglia e trova, finalmente, il coraggio per presentarsi alla porta di Jim, di abbracciarlo e di essere abbracciato, prima di salire sul palco che lo consacrerà per sempre come delle stelle più fulgide del rock internazionale. Freddie morirà a Londra il 24 novembre del 1991.

L’approccio tematico

Non pochi critici avrebbero riscontrato dei parallelismi tra il brano dei Blues Brothers (“Everybody needs Somebody to love”) e quello dei Queen (“Somebody to love”). I primi hanno raggiunto il successo con la canzone “tutti hanno bisogno di qualcuno da amare”. I secondi hanno “sfondato”, tra gli altri brani, anche con “chi può trovarmi qualcuno da amare”. Sentimenti e romanticismo si fondono nella “incontrollabilità” musicale del “Blues” e del “Rock”. Nel brano dei Queen troverebbe il giusto risalto l’urlo di dolore di Freddie Mercury in procinto d’essere travolto dalle sue cocenti delusioni sentimentali. “Somebody to love” fu poi ripresa dai Queen quando decisero di affidarsi a George Michael per musicare uno dei momenti più toccanti e delicati della loro carriera (il famoso tributo a Freddie Mercury: “The Freddie Mercury tribute concert”).

Le emozioni espresse in note

Non solo “genio e sregolatezza”; non solo ricerca accurata di ogni mezzo atto a “non” pensare come unico espediente per raggiungere la felicità. Il rock non è “solo” questo. Nel rock dei Queen e nelle interpretazioni di Freddie Mercury troviamo il gusto, talvolta “cinico” altre “nostalgico” di rifugiarsi nei meandri più nascosti della propria irrequietezza per trasformare quei sentimenti e quei convincimenti in “disincanto”, in turbolenza che diventa “paura” di non riuscire a farsi accettare e cantare ciò che la gente desidera ascoltare.  “Cuore e mente” hanno sempre guidato ogni componimento ed ogni esibizione dei Queen.  E’ questa l’essenza del messaggio rivolto ai loro innumerevoli “fan” e “cultori” del rock attraverso le note delle loro canzoni. Se qualcuno ha mai pensato che il rock fosse solo strumento di “disorganizzazione” interiore o di ricerca accurata di un ordine laddove ordine non c’è, farebbe bene a ricredersi. Il rock dei Queen canta il sentimento, l’amore per ciò che non è e dovrebbe essere, l’amore per ciò che non si condivide e non si accetta ma si vive; l’amore per la gente e per gli ideali a cui nessuno pensa e che invece andrebbero coltivati, difesi e continuamente affermati.

Perché Blues e Rock andrebbero a braccetto

La musica unisce, aggrega. Tutto ciò che è “musicabile” diventa “espressione”, modo di vivere, emozione. La musica nasce anche dai rioni e dai quartieri popolari in forti difficoltà, scava tra le radici della povertà e diventa cultura, voglia di ribellarsi, di consolidare principi e idee legate al riscatto sociale, all’armonia tra i popoli, al desiderio di libertà, di evasione. Attraverso la musica ti esprimi, ami, fai cultura, dialoghi, fai valere i tuoi convincimenti ed esplori l’animo degli altri, leggi dentro i loro cuori e i loro sogni e dai loro la possibilità di fare altrettanto. Con quei brani ti fai ascoltare e gridi agli altri la tua voglia di vita, di cambiamento, di libertà; ti scagli contro i potenti e protesti contro tutte quelle politiche economiche e finanziarie che non tengono conto in alcun modo dei diritti e dei problemi della povera gente, di quella dimenticata, di quella che proprio non ce la fa ad andare avanti e a far valere le proprie ragioni, di quella che non ha nessuno cui affidarsi per farsi valere e rispettare. Blues e rock sono espressioni storiche e granitiche di tutto questo. Attraverso i loro tanti interpreti e tramite quei “filoni” sono state scritte e musicate pagine indelebili di lotta popolare e affermati principi etici, sociologici e politici in ogni parte del Globo. La musica nasce anche dalla disuguaglianza sociale che talvolta diventa scontro ed è desiderio di giustizia, di libertà, di fratellanza. La musica penetra ovunque e ovunque fa valere se stessa e le argomentazioni che si porta a rimorchio. E’ “l’arma” usata da chi ha tanto da dire “contro” chi è “tendenzialmente” proteso a ignorare i diritti dei più deboli e non ama discuterne abbastanza.

I due lati di una stessa medaglia

Per altri “rock” e “blues” avrebbero ben pochi punti in comune.  Troppo distanti le due culture musicali e diverso l’approccio alla vita e alle tematiche storiche e politiche che in esse risiedono per essere accomunate. La storia ci insegna che non è così. Il “rock” sarebbe ribellione “pura”, anarchia che sfocia in antagonismo verso chi non ci comprende e non intende concederci la giusta “cittadinanza” nei comparti dove si “costruiscono” le politiche economiche e finanziarie da destinare alla gente, cioè a noi tutti. Il “rock” diventa così il guanto di sfida e la voce degli “inascoltati” contro i potenti, contro gli egoismi e gli egocentrismi del mondo, contro di chi ci governa con “miopia” pensando solo ai propri interessi e a fare quattrini.  Il messaggio che arriva da quella “indisciplina” apparente e da quel disordine “organizzato” è preciso ed è rivolto a chi non ha alcuna cura delle frange meno abbienti delle popolazioni. Il “non” pensare servendosi della musica sfocia in freno al “troppo” pensare di qualcuno che si trasforma in ingiustizia. 

Le origini del Blues

Il “blues” nasce sostanzialmente dalle stesse forti motivazioni del “rock” ma le mette in pratica in maniera più “ragionata” attraverso le c.d. “blue note” e si muove attraverso una più accurata ricerca delle emozioni e dei messaggi da musicare. Il blues è musica vocale e strumentale che si basa su una piattaforma ripetitiva di dodici battute.  Si sviluppa tra i canti delle comunità di schiavi afroamericani nelle piantagioni degli Stati meridionali dell’America (le famose Cotton belt); come il rock è un urlo contro i forti ma non assurge a guanto di sfida bensì a ricerca di dialogo. Il “blues”, come il Jazz, è più ragionato ed è libertà d’espressione, di pensiero; ti impone l’ascolto con dolcezza per porgerti il problema e spingerti a trovare le soluzioni migliori, quelle più appropriate a vantaggio dei più bisognosi e di chi si affida a quelle note per farsi sentire negli ambienti che contano. In tal modo il blues crebbe nel corso degli anni fino a diventare “messaggio” di libertà oltre ad uno dei fattori culturali d’influenza dominanti nella musica “pop”. Il “blues” ha dato la stura a diversi generi musicali: il bluegrass, il rythm and blues, il talking blues, il rock and roll e l’hip-pop.  La complementarietà tra blues e rock diventa così “sostanza” e sbocca lentamente in “tendenza”. Anche in amore: l’amore verso chi soffre ed è sempre dimenticato. L’amore di chi si affida a quelle note per protestare e portare avanti i propri diritti e le proprie idee a dispetto dei potenti. Nel 1960 prende corpo il così detto “Southern Rock” grazie alla lodevole iniziativa agli “Allman Brothers Band” e degli “Z. Z. Top” che fondono il Rock di quel tempo al Blues e al Jazz dando la “stura” ad un rock “sudista” che diventerà il cavallo di battaglia di quei gruppi per il tramite di una musicalità più compatta, libera, esplicita e aggressiva. E’ il tempo del boogie e dell’hard rock; da quel momento in poi la musica non sarà più la stessa. Esponente di spicco di quella tendenza musicale fu Bobby Fuller fautore del “tex-mex” che altro non fu se non il marchio di fabbrica del Southern Rock. 

…e quelle del Rock

Il rock trae spunto dalla “popular music” sviluppatasi in America e nel Regno Unito a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60. Nasce come evoluzione del “Rock and roll” ma prende forma anche da numerose diciture musicali in auge nei decenni precedenti come il “rythm and blues”, il “folk” e il “country”. Tecnicamente il rock verte sull’uso della chitarra elettrica accompagnata dalla batteria e dal “basso elettrico”. A partire dagli anni ‘60 la svolta. Il Rock si mescola al Blues e poi al Jazz per dare corpo e sostanza a nuove piattaforme musicali.

Claudio D’Aleo

Commenti

  1. E' un pezzo di enciclopedia vista magistralmente da Claudio. Da copiare e conservare.
    Grazie Riky.

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  2. Non ricordo di aver mai visto The Blues Brothers per intero. Ma ho amato moltissimo Bohemian Rhapsody. Grazie a Claudio per questa bella e approfondita analisi.
    Buona giornata :)

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    1. Mi è piaciuta la sua idea di accostare questi due film così diversi. E il parallelismo tra le due canzoni è molto suggestivo :)

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  3. Due film che trasmettono emozioni.
    Sereno pomeriggio.

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  4. Anch'io come Dama non amo "The Blues Brothers", mentre ho adorato "Bohemian Rhapsody".
    Non avevo mai pensato ad un parallelismo tra le due colonne sonore, però.

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    1. Dovendo scegliere il film, io invece non avrei dubbi a dire "The Blues Brothers".
      Poi ovvio che preferisco...il concerto dei Queen (veri) :D

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  5. Devo complimentarmi con Claudio D'Aleo per questa comparazione esemplare tra i due film, e le canzoni. Analisi splendida del perché, blues e rock, "andrebbero a braccetto". Ho letto il post con vero piacere. Tanti complimenti anche a te, Riccardo, per regalare sempre la qualità. Grazie!
    Paola

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    1. Grazie Paola! Claudio ha avuto un'idea molto brillante e l'ha tradotta "su carta" in modo splendido.

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  6. Un parallelismo tra due opere che non mi sarebbe mai venuto in mente, vista la differenza anche proprio di concezione.
    Ma musicalmente sì, il rock è una derivazione da altri generi, tra cui il blues.

    Moz-

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    1. Un parallelismo che il nostro Claudio ha sviluppato egregiamente :)

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