Ritratti: Dino Zoff, il “normalizzatore” divenuto leggenda (di Claudio D'Aleo)


Dino Zoff è nato a Mariano del Friuli il 28 febbraio del 1942. Alto 182 cm pesava 78 kg. Ha giocato nel Napoli dal 1967 al 1972 (143 presenze) e nella Juventus dal 1972 al 1983 (330 presenze). 112 (dal 1968 al 1983) le sue presenze in Nazionale.

Prima di esordire a Napoli ha collezionato 38 presenze con l’Udinese (dal 1961 al 1963) e 131 con il Mantova (dal 1963 al 1967). In bianconero ha vinto 6 Scudetti (1972-1973; 1974-1975; 1976-1977; 1977-1978; 1980-1981; 1981-1982); 2 Coppe Italia (1978-1979; 1982-1983); 1 Coppa Uefa (1976-1977). Con la Nazionale ha vinto un Europeo (Italia, 1968) e un Mondiale (Spagna, 1982). Non gli andò bene in Messico nel 1970 dove gli azzurri purtroppo furono battuti in finale dal Brasile del grande Pelè e persero la Coppa Rimet. Alla Lazio fu anche Presidente durante la gestione targata Sergio Cragnotti e sempre in biancoazzurro, nel 1997, assunse il doppio incarico di Presidente e allenatore dopo l'esonero del tecnico boemo Zdeněk Zeman.

Buoni i suoi trascorsi in panchina. Ha allenato l’Italia olimpica (dal 1986 al 1988), la Juventus (dal 1988 al 1990), la Lazio (dal 1990 al 1994, poi nel 1997 e nel 2001), la Nazionale maggiore (dal 1998 al 2000) e la Fiorentina (nel 2005).


Da Zoff a Super Dino

Il portierone friulano è stato certamente uno dei migliori portieri italiani. Per molti, il più forte. Metodico, compassato, freddo e riflessivo al contempo fu considerato il “Bjorn Borg” del calcio italiano. Zoff è stato l’emblema della serietà. Non è mai stato uomo né da palcoscenico né di grandi discussioni. Lui amava i fatti, non le parole. Trasmetteva con lo sguardo tutto quello che aveva da dire, specie in campo. Tanto agli inizi della carriera, quanto alla fine della stessa, visse e giocò sempre allo stesso modo: da leader silenzioso e rispettato. Il senso della “posizione” fu il suo principale “cavallo di battaglia”, la sua arma micidiale. Non che non amasse le tendenze acrobatiche tipiche di tanti altri portieri suoi competitori, vedi Enrico Albertosi, ad esempio. E’che lui era fatto così. Odiava i riflettori, non fu mai un “esibizionista”. Aveva un “chiodo” fisso: non sfigurare. L’amore per la squadra d’appartenenza e i suoi tifosi veniva sempre prima di tutto. Per Super Dino il portiere doveva “essere” non “apparire”; doveva parare, non fare l’acrobata. Nessuna teatralità, solo sostanza.


Non a caso Zoff fu uomo di grandi concretezze. Col suo modo di governare la porta rendeva facili e naturali le cose difficili o per altri addirittura impossibili. Lui era sempre dove era opportuno che un portiere dovesse essere per evitare di prendere il gol. Il suo compito era questo e lui, Zoff, questo compito non lo tradì mai. Schivo e taciturno nella vita così come tra i pali rifuggiva da liti, discussioni animate o polemiche. Liti e polemiche, con lui, venivano anestetizzate sul nascere. Bastava uno sguardo, bastava la sua sola presenza per smorzare e annacquare tutto sin dagli inizi. Anche quando si buttava da palo a palo per evitare un gol, oppure s’involava “plasticamente” all’incrocio dei pali per non “soccombere”, lui, il Dino nazionale, Super Dino, per i suoi tanti estimatori, rendeva quella parata, quel tuffo, quel volo, prassi assolutamente semplice, normale. Non è mai stato facile superarlo e fargli gol. Zoff parava tutto o quasi e “riempiva” la porta come pochi. Vederlo parare non fu mai uno spettacolo “fine a se stesso” ma fu sempre una gioia per gli occhi. Al contrario di altri lui, la palla, spesso la bloccava in “presa”. Particolare non da poco. Chapeau.


Il Fuoriclasse prende “forma” 

Il “normalizzatore” friulano nelle giornate di grazia e quando era assistito dai suoi compagni di reparto, era insuperabile. Prendeva tutto senza grandi sforzi, come se la palla prima di insaccarsi alle sue spalle, o di metterlo in difficoltà, gli chiedesse il permesso. La sua forza fu la glacialità dell’espressione, sia in campo che fuori. Gestiva l’area di rigore come se fosse casa sua. Le sue interviste erano “sorsi” di camomilla. Era talmente rilassante ascoltarlo che rischiavi di addormentarti in corso d’opera.  Mai una parola in più fuori dal campo, mai una gestualità in più tra i pali. Lui era essenziale e cercava solo l’essenziale. Il tuffo acrobatico poteva anche starci ma non fu mai il suo principale obiettivo. A lui bastava farsi trovare “piazzato”, cioè “pronto” dove arrivava la palla, poi diventava una faccenda del tutto personale tra lui e la sfera. Era questa la sua grande peculiarità e fu questa peculiarità a farlo diventare ben presto un autentico Fuoriclasse. I suoi duelli con Albertosi hanno riempito le pagine dei giornali per anni. I due si stimavano ma non gradivano essere messi in secondo piano rispetto all’altro. Nelle uscite Zoff non era molto abile come tra i pali e questo limite lo penalizzò specialmente a carriera quasi finita.  Di riffa o di raffa in area di rigore, Zoff, comunque dettava legge. Tutto era “concentrazione”, tutto era “metodo”, tutto era “studio”. I suoi allenamenti erano scrupolosi e metodici e non lasciava nulla al caso.


Uomo serio e rispettoso di se stesso e degli altri, studiava gli attaccanti avversari mai tralasciando alcun particolare. Con gli anni tutto questo si affievolì fino a diventare un problema. La fase calante di Zoff intervenne nel momento stesso in cui lui, l’insuperabile, non riuscì più a normalizzare le cose difficili. A che parava tutto ma proprio tutto, a che prendeva gol pure da centrocampo, vedi il gol di Haan, tanto per intenderci, in Italia – Olanda ai mondiali d’Argentina del 1978. Il forte centrocampista olandese fece gol con un tiro da oltre trenta metri che colpì il palo e finì in porta battendo Zoff. Fu il periodo più duro per il Dino nazionale che a 36 anni suonati venne considerato finito, rallentato con i riflessi e non più in grado di dare sicurezza tra i pali. La finale per il terzo posto lo “affossò” completamente. Contro il Brasile perdemmo 2-1 con due gol, tanto per cambiare, da fuori area di Nelinho e Dirceu.



Prima il Napoli   

Napoli e Zoff vissero un amore particolare Città estroversa, Napoli con i suoi umori e i suoi colori; uomo chiuso e riflessivo, glaciale per certi aspetti il “portierone” friulano. Zoff visse sempre da anti divo per eccellenza. E il suo essere un uomo timido, schivo, introverso, un po' freddo, probabilmente gli fu trasmesso da quella terra, il Friuli, che gli diede gli albori. Nella sua splendida carriera nulla fu mai frutto del caso. Il desiderio e la voglia di migliorarsi lo animarono e lo sostennero ovunque. Chi sceglie di fare il portiere sa di avere delle grandi responsabilità nell'esito di una partita. E Dino non si è mai sottratto alle proprie responsabilità. Qualcuno, vedendolo giocare, citò la solitudine dei numeri uno, cosa che potrebbe spiegare la condizione in cui vive il portiere e che accomuna tutti gli estremi difensori nell’esercizio delle loro funzioni. Zoff ha sempre sognato di fare il portiere. Lui è nato portiere. Dopo quattro stagioni al Mantova venne acquistato dal Napoli. Era scritto che Dino sarebbe diventato un grande Campione. All'età di trenta anni giunse la consacrazione. Qualcuno si accorse di quel portiere che giocava da Fuoriclasse dando tanta sicurezza alla squadra. La sua interpretazione del ruolo fu sempre molto personale e diversa da quelli che amavano il gesto spettacolare a uso e consumo delle platee urlanti. "Alla teatralità del tuffo ad angelo cercavo di supplire con il piazzamento. Non come certi esteti che amano più la foto della parata", disse un giorno il grande Zoff.




… poi la Juventus

Zoff in bianconero ebbe modo di giocare con autentici Campioni che ai tempi si chiamavano Bettega, Furino, Morini, Altafini e Capello, solo per citarne alcuni. Super Dino rimase alla Juventus per undici stagioni, e finì in bianconero la sua carriera. Con la maglia juventina vinse quasi tutto (tranne la Coppa dei Campioni) e quell'uomo taciturno e “chiuso” come ce ne sono tanti su al nord, divenne ben presto una leggenda. Come in ogni favola che si rispetti Zoff iniziò ben presto a stupire tutti e a inanellare un record dopo l'altro. Fu colui che rimase imbattuto con la Nazionale per 1.142 minuti. In campionato, stagione '72-'73, non prese goal per ben 903'. Un record rimasto imbattuto per dieci lunghi anni. Unico giocatore italiano ad aver vinto con la Nazionale sia un Europeo che un Mondiale. Vincitore più anziano del Campionato del Mondo, 40 primavere sulle spalle. Per lungo tempo è stato il giocatore con più presenze in serie A, 570, e in Nazionale, 112. In undici stagioni alla Juve non ha mai saltato una sola partita di campionato. Sembrava un Super-eroe, un Highlander, uno di quelli che non finiremo mai di rimpiangere e ricordare. Il 2 giugno del 1983, quando un'altra vecchia signora, la Repubblica Italiana, compì 37 anni, poco meno del Dino nazionale che ne aveva 41, il calcio giocato visse il suo addio. Ricordando quel giorno, rimane impressa la sua frase: "Smetto perché non posso parare anche l'età". A buon intenditor, poche parole. 

Claudio D’Aleo



Commenti

  1. Ritratto di D'Aleo perfetto. Amo Zoff più come uomo che come portiere.
    Io preferisco i portieri molto alti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Gus.
      Io Zoff non l'ho visto all'opera "direttamente", ma apprezzo molto il suo stile sobrio e pulito.

      Elimina
    2. La parata in presa sulla linea di porta sul finale di Italia-Brasile dell'82 è qualcosa che rimane scolpita nella memoria più dei sei gol di Paolo Rossi.
      Eppure, come giustamente hai fatto notare, fino a poche settimane prima Zoff era quello che sistematicamente pigliava gol da trenta metri per "problemi di vista".

      Elimina
    3. ... ai tempi, aggiungo, era molto più facile per un portiere bravo inanellare record di presenze. Non esisteva il turnover e il povero Alessandrelli, secondo di Zoff per cinque anni, riusci a giocare solo uno spezzone di partita (quel famoso Juve-Avellino 3-3...)

      Elimina
    4. Che poi, per assurdo: per me il gol balordo di Zoff non è quello dei tiri da fuori del '78, ma il tiro sul primo palo in Italia-Brasile 3-2 di Falcao, proprio la partita della parata miracolosa.
      Grande Alessandrelli, ricordo bene quell'aneddoto :D

      Elimina
    5. Mah, sai, sui tiri da lontano è sempre difficile parlare di gol balordi. Noi che guardiamo la tv ci stupiamo ma dal campo (e dal punto di vista del portiere, che magari la palla la vede all'ultimo perché nascosta tra mille gambe) è diverso.
      Molto più balorda (e famosa) invece è stata l'uscita a vuoto di Zenga su Ganiggia nel 90. Spiace solo che il mondo si ricordi solo di quella, quando papere del genere le hanno fatte tutti i più grandi portieri, da Kahn a Buffon..... chissà quanti altri

      Elimina
    6. Infatti io sui tiri da fuori cerco sempre di capire bene le condizioni in cui si deve trovare il portiere...come d'altra parte in ogni situazione di gioco..il giornalismo sportivo secondo me tende a dare troppe colpe ai portieri senza entrare nel merito tecnico...

      Elimina
  2. Un grande portiere, che io più che altro ricordo come allenatore della Nazionale qualche anno fa.
    Parecchi anni fa, forse :D
    Buona giornata.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. 20 anni fa, per la precisione. Proprio due sere fa ho rivisto gli highlights di quell'Europeo in cui l'Italia arrivò seconda.

      Elimina
  3. E' così grave il fatto che non ricordavo assolutamente il suo ruolo da portiere?
    Lo ricordo come allenatore e, molto poi, opinionista.
    Ma avrei scommesso sul fatto che fosse stato un bomber... :|

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Beh sei nata diversi anni dopo il suo ritiro..
      Non è grave come lacuna, anche se è stato portiere della nazionale campione del 1982!

      Elimina
  4. Io tra Zoff e Buffon sceglio Zoff, perché lo preferisco come uomo, anche se come portiere è difficile dire chi sia il migliore.
    Quindi anche per me Dinone è il più grande:)

    RispondiElimina

Posta un commento