Cinema e dintorni: Beata ignoranza. Morale profonda dietro le quinte della commedia (di C.D'Aleo)


Ernesto (Marco Giallini) e Filippo (Alessandro Gassmann) si conoscono da tempo. Hanno personalità differenti e un unico punto in comune: sono entrambi professori di liceo. La loro vita viaggia su binari diversi come diverso è il loro carattere. Ernesto insegna lettere e crede molto nel suo lavoro, specie nel dialogo con studenti e colleghi e non ama la “tecnologia”. E’ un vecchio “lupo” di mare capace di navigare con qualunque corrente; “brontolone” quanto basta ma “buono” dentro e a volte parecchio ingenuo. Basa il suo “insegnare” su canoni che definire “tradizionali” sarebbe ancora riduttivo. Filippo insegna matematica, è più smaliziato di Ernesto e ha il “chiodo” fisso della tecnologia a tal punto da esserne “dipendente” e non solo per motivi di lavoro.  Ernesto è di sinistra e detesta la tecnologia, è tradizionalista anche con i suoi allievi avendo sempre fatto del dialogo “cercato” e “continuato” e del “confronto” basi d’appoggio inespugnabili. Filippo, invece, è un simpatizzante del centrodestra; vive frequentemente connesso alla Rete tanto da far lezione permettendo ai suoi alunni di utilizzare i telefonini in classe, prassi inconcepibile per Ernesto. Un tempo i due erano amici; uno “scontro” sentimentale profondo e mai risolto li ha tenuti lontani per diverso tempo. Inoltre nel loro passato c‘è una donna che hanno amato entrambi e una figlia “in comune”. 





Per loro il destino ha scritto un capitolo a parte. Un giorno i due si ritrovano a insegnare nella stessa scuola e nella stessa classe e tra loro saranno di nuovo “scintille”. Almeno inizialmente. I due dovranno fare i conti con i loro “trascorsi” che si materializzeranno nelle sembianze di Nina (Teresa Romagnoli), la figlia in “comune”. Bisognosa di amore paterno, ed essendo incinta, Nina li convincerà a sottostare ad un esperimento “sui generis” che si trasformerà poco per volta in una grande sfida tra di loro. L’ennesima. Filippo dovrà provare a “uscire” dalla Rete ed Ernesto a “entrarci”, il tutto filmato in un video prodotto a Scuola per la “sussistenza” della Scuola stessa in un mondo scolastico divenuto nel frattempo sempre più incerto, dinamico e competitivo. Non sarà facile per nessuno dei due amalgamarsi all’altro e neppure “snaturare” il loro modo di concepire la vita e il rapporto con gli altri. Ma entrambi ci proveranno e capiranno a loro volta che l’amicizia, quella vera, è “sacra”, resiste a tutto ed è capace di qualunque “cosa” pur di affermare il proprio “credo” in ognuno di noi. 

LA SCUOLA, PALCOSCENICO DI EMOZIONI In realtà, dietro le quinte di una diversità culturale, tecnologica e comportamentale apparente che separa Ernesto e Filippo persi nei loro mondi “all’opposto”, si celano risvolti di natura umana e sentimentale che il film ben concede facendoci entrare in punta di piedi ma con dovizia di particolari nel privato di entrambi. Una “morale” c’è e va colta. Ed è una morale che spiazza soprattutto chi si aspettava dal film “casistiche” da “cine-panettone”. Nella vita non ci si incontra per caso e mai nulla accade per caso. Ogni incontro manifesta le proprie “alchimie” e lega a sé uomini e cose a prescindere da ogni nesso di causalità esistente tra loro. Filippo ed Ernesto sono uomini diversi in quasi tutto ma, ironia della sorte, hanno bisogno l’uno dell’altro per compensare i propri “limiti” e tentare di “crescere”, non solo professionalmente ma anche umanamente, in una realtà che li vuole educatori di anime e non certo soggetti passivi di scenari mai compresi. 





Filippo è il “playboy” un po' viziato che si è sempre permesso tutto con le donne e nella vita uscendone quasi sempre vincitore. Ernesto scoprirà strada facendo aspetti del suo “essere” che non si sarebbe mai aspettato di “interiorizzare” e valutare. Tra di loro si “materializzerà” d’improvviso una donna, “collega” di entrambi adesso contesa, che “nasce” come la donna di Ernesto ma che si scopre essere stata l’amante di Filippo a insaputa di Ernesto. Questo “incidente” crea tra i due nuove e profonde incomprensioni. Li “cataloga” come persone strutturalmente diverse ma al contempo, emotivamente, parecchio vicine. Ernesto, a differenza di Filippo, sarebbe capace di rinunciare per qualche tempo al sesso pur di dedicarsi ai sentimenti e al romanticismo e concedersi ad una visione più “consapevole” della sua quotidianità e del rapporto con le donne. Filippo non sarebbe mai capace di fare questo. A Ernesto manca la sfacciataggine di Filippo ma ha una umanità che Filippo non possiede in quanto meno incline alla rinuncia e alla sofferenza. A Filippo mancano i valori di Ernesto, anche la sua ingenuità. A Ernesto manca il “saper” vivere di Filippo.  Beata ignoranza è un film sui rapporti umani e parentali e sul sapersi prendere le proprie responsabilità sempre e comunque, sia che si viva da studenti o da docenti, da adulti o da ragazzi, da genitori o da figli. “Cosa”, per altro, che i due protagonisti non hanno saputo fare in passato e  si ritrovano a fare in “corso d’opera”, soprattutto nei confronti della figlia in “comune”, Nina, ma anche delle donne con cui hanno avuto a che fare per non parlare degli alunni e dei colleghi.




LE ALCHIMIE NASCOSTE Il film andrebbe “maneggiato” con cura. E’ come se contenesse tante “scatole” e ogni “scatola” contenesse a sua volta riscontri emotivi e sentimentali coinvolgenti che in pochi si sarebbero aspettati di poter gustare vedendolo. “Beata ignoranza” offre allo spettatore parecchi spunti di sana riflessione. Insegna come il sentimento possa muoversi liberamente da persona a persona e trasformarsi in amore e/o amicizia a seconda dei significati di ogni singolo contesto e dei protagonisti del momento; spiega come sia possibile passare dall’ amicizia alla passione e dalla passione all’amore spesso “bypassando” le ragioni del cuore e come il sentimento più adatto alla bisogna possa imbattersi nelle personalità più variegate rimanendo in esse scolpito.

FOTO

"Beata ignoranza" descrive il mondo della Scuola come un delicato nucleo familiare composto da uomini, donne e studenti che si scambiano reciprocamente e in assoluta scioltezza amore, amicizia, emozioni e confidenze anche a fronte degli inevitabili “nervosismi” e dei “colpi di scena” che pure tra colleghi e colleghe e alunni tra loro possono e forse devono “starci”. Ci dice come dovrebbe essere il rapporto tra genitori e figli, tra amici ed amanti e tra docenti e studenti e quanto bello possa essere il confronto costruttivo tra tutti quando sia improntato sul rispetto delle persone e delle altrui sensibilità. Insegna come il dialogo sia e rimanga l’unica medicina possibile per curare ogni rapporto umano e non importa se ci si riferisca ad amanti, ad amici, a colleghi o a studenti. Quello che conta è crescere e, se possibile, crescere tutti quanti assieme ascoltandoci e dedicandoci del tempo. Nulla è scritto e tutto va vissuto. Ci sono momenti nella nostra vita in cui i “silenzi” valgono più delle parole e parole che talvolta ti scivolano addosso quasi senza insegnarti nulla. La Scuola, infine, in questo bel film, assurge a quello che è e che sempre dovrebbe essere: palcoscenico di emozioni e di “alchimie”, “maestra” di vita.

Claudio D’Aleo


Commenti

  1. Non ho visto il film. Mi sembra stimolante.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Te lo consiglio. L'ho visto due volte, la seconda mercoledì sera per prepararmi alla recensione di Claudio. Film molto interessante.

      Elimina
  2. Marilena.lore57@gmail.con
    Non ho visto il film ma credo proprio che sia da vedere!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Te lo consiglio. Alla prima visione non mi aveva convinto del tutto. Alla seconda sì, a parte qualche scena, tipo Giallini che parla con la moglie morte (lei si "anima" nella lapide).

      Elimina
  3. Non l'ho visto ma potrei apprezzarlo.
    Giallini poi mi piace tanto, mi piace in qualunque ruolo. E' bravo bravo, sempre incisivo e convincente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Condivido il tuo giudizio su Giallini, ma qui Gassmann è the best: veramente spontaneo e credibile nei panni del professore cazzaro :D

      Elimina
  4. Ho visto questo film l'anno scorso, e mi è molto piaciuto.
    Come tutti quelli in cui recita Giallini, oltretutto.
    È sempre opportuno riflettere su temi quali la scuola, l'amore e le relazioni.

    P.S. Piccolo off topic. Ieri sera ho guardato su Rai3 lo show che Giallini sta conducendo con Panariello. Carino.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Due persone così diverse tra loro ma che hanno compiuto un grande atto di egoismo, il primo (Giallini) per orgoglio, il secondo (Gassmann) perché eterno Peter Pan non cresciuto.
      Direi che il succo del film sia così riassumibile, ed è un bel succo :)

      Elimina
  5. A me piacciono tutti e due gli attori, ma questo film in particolare, è particolarmente indecente. Ammiro comunque la volontà di Claudio di coglierne lati positivi ben nascosti tra le pieghe di una rozza beceraggine. Giallini il suo top lo ha dato in Buttafuori con Mastandrea.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Alla seconda visione mi è piaciuto più che alla prima.
      Ci sono cose un po' superflue, da what the fuck. La scena della lapide animata, l'esplosione del tetto e così via.

      Elimina
  6. Sai che io volevo vederlo, ma poi un amico di cui mi fido molto nei giudizi me lo sconsigliò. Adesso sono combattuto... 😅

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Allora no: meglio i film italiani "classici" che questo :)

      Elimina
  7. L'ho visto un po' di tempo fa e ricordo che non mi aveva colpito granché.
    Tecnicamente mi piace il mondo di recitare di Giallini e di Gassman ed è la cosa che ho apprezzato di più del film.
    Per il resto la storia mi è sembrata "troppo italiana" per citare il sommo Stanis La Rochelle, soprattutto nella ghetizzazione dei tratti della persona. Mi spiego: la storia basata su due uomini dalla personalità opposta regge fino a un certo punto in primo luogo perché è irreale, o comunque statisticamente difficile, che due personalità del genere possano avvicinarsi e comprendersi; e poi mi scoccia tanto lo stereotipo secondo cui se sei aperto ai social devi necessariamente essere frivolo e superficiale mentre per essere profondo e professionale devi essere per forza un professore che odia la tecnologia e insegna con metodi del 1938.

    Questo modo di dividere tutto in due compartimenti stagni mi ha rovinato molto l'esperienza nel guardare questo film.

    E mi spiace perché c'erano i presupposti per vedere una bella storia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sai che sono d'accordissimo? La commedia italiana degli anni '70 sapeva "caricaturare", ma era un altro tipo di cinema e di contesto.
      Gassmann è bravissimo, ma il suo personaggio è un po' maltrattato.
      Troppa distinzione tra bianco e nero, poi come dici tu, a quel punto è impossibile trovare un punto di contatto. Li lega l'egoismo: e questo succo del film a me è piaciuto.

      Elimina

Posta un commento