In nome del popolo italiano: sono passati 50 anni e nulla è cambiato


"In nome del popolo italiano" è un film di 50 anni fa, ma la cinica e salace critica verso la società italiana mantiene intatta la propria forza, anche perché il popolo italiano è sostanzialmente rimasto lo stesso. Industriali e imprenditori truffaldini che si muovono ai limiti della legge, ed esercitano in modo spietato il potere conferitogli dal denaro; politici conniventi e corruttibili; affaristi che concludono accordi davanti a tavole imbandite e in compagnia di giovani ragazze che, inebriate dalla voglia di salire la scala del successo, sono pronte a vendere se stesse. E non è edificante neppure il ritratto dell'italiano medio: vittima del sistema, ma incapace di ribellarsi (anzi fallimentare nei tentativi di ribellarsi, in fondo siamo nel post '68), tanto ci sarà sempre una vittoria della propria squadra di calcio da festeggiare in piazza. Il calcio è fenomeno popolare, unisce il ricco e il povero, ma in questo caso assume una valenza negativa: è infatti mezzo per sfogare istinti bassissimi, volgarità. sguaiate esultanze. Oggi qualcuno direbbe che i cittadini si radunano in piazza solo per festeggiare scudetti e coppe, e non per manifestare civilmente il proprio dissenso.

Il giudice Bonifazi in mezzo alla folla di tifosi


La scena finale della folla in piazza per festeggiare la vittoria dell'Italia sull'Inghilterra è una delle più iconiche del nostro cinema: il giudice Bonifazi (Ugo Tognazzi) vaga spaesato in giacca e cravatta, tra tifosi a torso nudo e alticci, bandiere e slogan, mentre Vittorio Gassman "sfila" vestendo i panni di vari personaggi, dal prete al nostalgico fascista che grida «Viva Boninsegna, viva Rivera, viva il duce!», fino al tifoso brutto, sdentato e volgare, che fa il gesto dell'ombrello, la pernacchia e grida «Bobby Charlton (noto calciatore inglese) facci una pippa!». Questa scena è il manifesto della commedia all'italiana degli anni '60-'70: toni allo stesso tempo caricaturali, quasi farseschi, ma caustici; risate amare, perché il ritratto dell'italiano medio è impietoso, la situazione dell'Italia drammatica. E inoltre in quel momento capiamo che potremmo trovarci anche noi, tra i tifosi dell'Italia, a farci guardare con disprezzo dall' "alieno" Bonifazi, senza peraltro nemmeno accorgercene. 

Il nostalgico fascista


Il giudice Bonifazi (Ugo Tognazzi) è il perfetto anti-eroe. Crede nella giustizia e la vuole esercitare nel nome del popolo italiano, cioè nel nome degli italiani onesti. Ma quanti sono gli italiani davvero onesti e integerrimi fino in fondo?  «Ma voi altri magistrati, non lo avete ancora capito che questo popolo italiano nel nome del quale sentenziate non merita un cacchio?», dice a inizio film a Bonifazi il professor Rivaroli, incaricato di effettuare l'autopsia della giovane escort Silvana. Il popolo italiano è appunto quello gretto e volgare che si riversa in piazza a festeggiare in modo sguaiato la vittoria in una partita di calcio. Così Bonifazi brucia il diario di Silvana, quello che riporta la prova dell'innocenza del rivale del giudice, il potente industriale Santenocito (Vittorio Gassman), in carcere per un omicidio che non ha compiuto: la ragazza infatti, escort di professione, non per mantenere una famiglia povera, ma per ambizioni di ricchezza e successo, si è suicidata. Deprecabile, un giudice che si fa prendere la mano e percorre la strada di un feroce giustizialismo: ma se Santenocito era innocente per l'omicidio, lo era per il resto? Un uomo di bassa caratura morale, che costruisce un falso alibi, che ha fondato e sviluppato il suo impero economico valicando spesso i confini etici e morali, ancor prima che le leggi; pronto a mandare in manicomio l'anziano padre che si era rifiutato di aiutarlo, con il falso alibi. Quanti Santenocito detengono il potere economico, influenzando la vita di tutti? 

I due grandi rivali


Ma il giudice è un anti-eroe
. Fino a dove arriva la sua battaglia per una società più giusta e dove invece inizia l'antipatia per l'uomo Santenocito, la rivalsa nei suoi confronti? Per un uomo di legge, la verità dovrebbe essere l'obiettivo della sua azione, a costo di scagionare il peggior nemico. «Io mi chiedo: se è ancora utile investire tante energie per l'applicazione delle leggi o se invece, rinunciando a vacue speranze e ad aspettative mai ripagate, non ci convenisse accettare l'ingiustizia come regola e non come eccezione, questo nella speranza ovviamente che almeno l'ingiustizia sia uguale per tutti», recitava Alberto Sordi in "Tutti dentro". Il suo Salvemini, per incastrare i colpevoli e i "pesci grossi", esce dai confini della propria azione giudiziaria, vestendo i panni di detective e mandando in carcere anche persone che non hanno responsabilità. Nel finale si ritrova ingiustamente incriminato e la sua posizione è al vaglio di giudici verosimilmente onesti, che potrebbe condannarlo, giustamente, per delle prove che sembrano effettivamente inconfutabili, ma che in realtà sono state costruite a tavolino dai suoi nemici. E allora la speranza è...nell'ingiustizia che restituisca al Salvemini la sua innocenza. Bonifazi invece incastra con una falsa accusa chi era riuscito sempre a eludere la legge. Il sistema si può combattere in questo modo? Si può distruggere uno dei centri di potere usando il gioco sporco? «Io sono stufo di essere difensore di leggi che proteggono una società che fa schifo, perché consentano a individui come lei di prosperare e proliferare», è l'amaro sfogo di Bonifazi. Ma Santenocito gli risponde: «Lei mi odia a livello ideologico, lei è prevenuto. Lei non è un buon giudice». Dove sta la ragione? E in effetti, analizzando il personaggio di Santenocito, è impossibile non rimanerne affascinanti,  colpiti dal suo linguaggio forbito (quando è vestito da antico romano, sembra davvero un "patrizio" di quell'epoca): e quel suo discorso sprezzante nei confronti dei giovani Hippy, è davvero così sbagliato? Noi da che parte stiamo? 

Santenocito in festa...in costume

Santenocito-Gassman durante il primo colloquio con il giudice Bonifazi


L'hippy e Santenocito


"In nome del popolo italiano" è in definitiva un capolavoro indimenticabile, con Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman (istrionico, strabordante) inarrivabili, fiancheggiati da spalle all'altezza (strepitoso Pietro Tordi nei panni del professor Rivaroli), con una sceneggiatura dinamica e arricchita da dialoghi che toccano vette di eccellenza, nonché da un sapiente uso dei flash-back (talvolta in bianco e nero). Possiamo citare, tra le migliori scene, quella del confronto tra i due protagonisti sulla spiaggia,  perfetta nella fotografia: industriale e giudice seduti su un tronco, nella sabbia sporcata dai rifiuti, la pioggia battente che bagna gli eleganti vestiti, il tentativo di avvicinamento e l'allontanamento, il duro confronto a parole, e la certezza che il loro scontro nasconda molto di più di un dualismo personale. O meglio, che il confronto ideologico sia solo la premessa di un dualismo personale. 


Il dialogo sulla spiaggia


Commenti

  1. In nome del popolo italiano, oltre che un film profetico, è soprattutto un ritratto antropologico dell’italiano medio, fatto con una lucidità agghiacciante. Risi, aiutato dalla perfetta sceneggiatura di Age e Scarpelli, recupera il grottesco de I mostri (1963) e il cinismo de Il sorpasso (1962) per evidenziare il crollo socioculturale dell’Italia di inizio anni 70, dilaniata tra istanze rivoluzionarie e reflusso conservatore.
    (Copiato dal web)

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    1. Caro Gus, hai citato altri due cult. Specie il sorpasso, un film con molti messaggi sulla società dell'epoca. Ne parlerò...a ferragosto 😁

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  2. Per certi - tantissimi - versi è semmai peggiorata. Un grottesco che oggi è spacciato per clamorosa normalità. Come la decisione di inginocchiarsi agli Europei per "solidarietà verso l'avversario che lo fa". Forse neanche Age e Scarpelli avrebbero concepito tanto ridicolo.

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    1. Per certi versi è peggiorata. Molto. Sono d'accordo. E sono d'accordo anche sulla questione dell'inginocchiamento...

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  3. Credo che al di là del significato e del senso di questo film, come hai ben evidenziato tu c'è da sottolineare la bellezza di alcune scene davvero indimenticabili!

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    1. Esatto, ci sono alcune scelte curatissime,come lo splendido interrogatorio a Gassmann vestito da antico romano..

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  4. Tutto cambia, niente cambia caro Ricky.
    Un abbraccio.

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    1. Esatto Dama...
      Alla fine certi film e certe canzoni sono ancora attuali..perché non è cambiato nulla.

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  5. Complimenti, non conoscevo questo film e la critica che viene fatta nel pezzo è pienamente conforme alla situazione attuale

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    1. Ciao Marco, grazie! Scusa la risposta tardiva.
      Effettivamente la storia di questo film è ancora terribilmente attuale...

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    2. Lo stile di Dino Risi rimane attuale perché tratta del cinicismo umano, che vi è oggi e sempre ci sarà

      Un saluto

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    3. Verissimo...il cinismo dell'uomo è innegabile!

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