Casotto, uno spaccato teatrale su uno zoo umano (di Bonigol)

 


Quale spaccato di cultura e costume potrebbe essere più esplicativo (riguardo ad un contesto storico-culturale) di un casotto da spiaggia, in Italia, negli anni settanta? Luogo, il casotto, dove ci si spogliava dei propri vestiti, dei problemi e le cui pareti erano testimoni di ogni ipocrisia imposta dalla rigida morale del tempo. Con "Casotto", Sergio Citti, illuminato da una brillante intuizione (in collaborazione con la penna di Vincenzo Cerami),  offre allo spettatore un carosello folkloristico di caratteri, personalità e intenti che sfilano tra le pareti di legno della costruzione che dà titolo al film. Benché l'insieme di eventi del pomeriggio di fine estate che ci viene narrato comprenda tutto ciò che va dalla "cabina" alla (non meglio identificata) spiaggia ostiense, solo ciò che accade dentro al casotto (a parte una rapida panoramica iniziale e qualche scorcio sporadico) viene mostrato. 


Tra il senso del pudore e una rivoluzione sessuale dilagante, si denudano a turno sulle panche del casotto personaggi dalle due "facce" come il prete devoto, celante un segreto che rivela soltanto al riparo da occhi indiscreti (chiarissima metafora, sempre attuale), i dongiovanni squattrinati e opportunisti, i militari bellimbusti e narcisisti che "gonfiano" i propri "attributi", la squadra di atlete con allenatore da "caserma", il guardone, l'assicuratore "casto" e probo che gode ad umiliare e tenere in scacco gli altri e donne scaltre, pronte a concedersi, chi per un pranzo, chi per una ingente somma di denaro. Gente comune, insomma, alla quale si accoda la coppia di anziani  in "assetto" da pic-nic, pronta a depredare la virtù di qualche giovane sprovveduto pur di salvare l'onore della nipote sedotta (ingravidata) e abbandonata. Non manca, infine, una coppia di fidanzati in preda ai bollori crescenti (di sole e ormoni) che in tutto questo via vai cerca soltanto un po' di privacy per "consumare". 

Il cast è sontuoso. In esso rifulgono un monumentale Ugo Tognazzi, Mariangela Melato, uno smagliante Paolo Stoppa  e Gigi Proietti, perfetto nei panni del play-boy imbranato e opportunista. Bravi anche i giovanissimi Michele Placido e Jodie Foster, che interpretano un goffo e ingenuo ragazzo abruzzese e sua cugina incinta, spinta dai nonni a sedurlo per incastrarlo.


Il film è uno spaccato teatrale. La telecamera cattura ciò che le passa davanti senza licenze eccessive. Lo "zoo umano" piroetta sullo schermo coi suoi (pochi) pregi e (numerosi) difetti ma non è tutto oro (in senso artistico) quel che luccica. Sono presenti scene di nudo sgradevoli (è nella natura del casotto) e a scene o situazioni molto divertenti, si alternano sketch poco riusciti. 

Tra le rassicuranti pareti del casotto, si rivelano più le "perversioni" dell'anima che i corpi nudi. La morale resta fuori, chiusa a doppia mandata e si attende soltanto un "diluvio universale", sotto le mentite spoglie di un violento acquazzone estivo, che sanifichi l'ambiente, perché il sole possa tornare a splendere e illuminare la quotidiana ipocrisia. Tra tante figurine e caricature perfette dell'italiano medio, anni settanta, sarà proprio il più umile (benché ritenuto "lo scemo del villaggio") l'unico a riportare a casa la propria dignità intatta. Non manca nemmeno il cane dimenticato in spiaggia,  simbolo da data immemore dell'egoismo estivo degli umani. Non per niente, spesso, la parola casotto viene usata per indicare il caos ed è forse l'unico appunto che posso fare alla coppia Citti/Cerami. Troppi personaggi su cui spostare l'obiettivo (perfino un Ninetto Davoli che "aleggia" ai margini della scena come un folletto beffardo) finiscono forse per impoverire le vicende che avrebbero meritato più spazio. Come detto però, non stiamo parlando di un capolavoro ma di un buon film che è uno spaccato di antropologia, costume e politica, nonostante il taglio da commedia sexy. 


Il gran ballo della vita, con la maschera che viene smessa soltanto al riparo di quattro pareti, troneggia. Quanti sono ciò che mostrano di essere agli altri? Dirlo esattamente è impossibile, un vero casino, anzi, un casotto.

Commenti

  1. Emerge una visione deprimente e negativa della nostra vita.
    Il film a volte è pesante, Il voto? 6+

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Deprimente non so..forse un altro aggettivo, però sì, il cinema italiano anni '70 è sempre pessimista e il tuo giudizio è corretto

      Elimina

Posta un commento