C'è ancora domani: diritti, oppressione e forza femminile nel film di Paola Cortellesi (Di Bonigol)

Foto Cinemonitor

di Bonigol

È una Paola Cortellesi smagliante e ispiratissima a regalarci C'è ancora domani, un poetico e suggestivo viaggio nella Roma del primo dopoguerra, attraverso vicoli e viali di una città liberata germogliante nonostante presidi militari statunitensi ancora presenti. 

L'ombra nera del fascismo non fa più parte della Storia con la S maiuscola, è un capitolo ormai chiuso, ma sopravvive dentro le case, in molte famiglie, nelle mentalità più chiuse e patriarcali dalle quali sembra impossibile eradicarla. 

Delia (Paola Cortellesi) è una donna attiva e piena di risorse, il classico "angelo del focolare", madre di due bambini vivaci e di Marcella, una ragazza bella e assennata che sogna di laurearsi. Tra Delia e la sua realizzazione come donna, come persona e come madre (in pratica tra lei e la sua felicità) c'è Ivano (Valerio Mastandrea), marito possessivo e manesco, sempre pronto ad umiliarla e punirla. 

È lui che gestisce ogni spicciolo che portano a casa moglie e figlia (con lavoretti sottopagati) ed egli stesso col suo salario,  perciò non permetterà a Marcella di studiare in quanto femmina e destinata (secondo lui) a una vita da moglie e massaia. Ivano instaura tra le mura domestiche un clima freddo e intimidatorio, esercitando sulla moglie un controllo oppressivo e maniacale, fomentato da suo padre, Sor Ottorino, uomo viscido e sgradevole che vive sotto il loro stesso tetto, semi costretto nella sua stanza dalla senilità e accudito da Delia (da lui trattata come una serva). Ella subisce dai due uomini ogni genere di vessazione oltre a violente reiterate percosse dal marito ma sogna per sua figlia (fresca di fidanzamento) un futuro libero e assai diverso dalla realtà che la intrappola.

Sarebbe sminuente e ingiusto etichettare come femminista questo film. Non lo è o almeno non è questo il punto. I diritti primari vanno oltre il genere e il problema della disparità sociale tra uomo e donna è sopravvissuto ai quasi ottant'anni di storia che ci separano dal contesto in cui si svolge la vicenda narrata. Qualche passo è stato fatto, vero, ma non certo da gigante. Delia, ad esempio, è costretta a fare la cresta sul denaro guadagnato col proprio sudore, a mentire per proteggere sé e chi ama, ad agire nell'ombra formando una barriera paracolpi invisibile (ma non certo indolore), a ritrarre gli artigli. Possiamo dire con certezza che questo non accada tutt'oggi? Una storia che, estrapolata dall'epoca che le fa da cornice, resta tristemente attuale.

Il tema dei diritti non è l'unico ad essere affrontato in C'è ancora domani. Molto interessanti e ben più intricati di quanto non sembrino sono i risvolti psicologici del rapporto genitore-figlio. Marcella non digerisce la "docilità" della mamma, tanto da fargliene una colpa biasimevole al pari degli eccessi violenti del padre. È l'emblema di un sistema che riesce (attraverso l'abitudine) a distorcere la realtà. 

Una storia schietta e genuina, artisticamente "anticata" dall'assenza di colori e sorretta da due grandi interpreti del cinema italiano (a mio parere, la migliore interpretazione di sempre per la Cortellesi) coadiuvati da un cast in grande spolvero.

Non mancano tocchi di classe per alleggerire una storia che avrebbe rischiato un eccessivo accanimento. Sfilano sullo schermo coreografie danzanti mentre volano pugni e schiaffoni. La voce squillante di Mina canta "nessuno, nemmeno il destino ci può separare", una raccapricciante minaccia che sembra incombere beffarda mentre le ferite si aprono per scomparire immediatamente (quasi per magia) e mostrarsi in seguito solo quando la storia lo richiede. 

C'è anche qualche punto più fragile in questo film pressoché perfetto (bisogna ammetterlo) ma il dramma coinvolgente e la fotografia fiabesca si dimostrano in grado di sostenere queste piccole forzature formando un ponte narrativo che rende fluido lo scorrere degli eventi. Il pubblico ormai è tutto per lei, Delia, grande e umile eroina di una piccola storia italiana.

Insomma, buona la prima (regia) per questa artista eclettica che ha dimostrato di saperci fare ridere, piangere ed emozionare con un film impattante, bello e scorrevole che sta rapidamente conquistando pubblico e critica rappresentando il meritato apice di una meravigliosa (e ancora lunga) carriera.

Commenti

  1. Gran film ma andiamoci cauti con le beatificazioni..le forzature non sono poche..a cominciare dai fin troppi disinneschi a salvaguardare il potentissimo messaggio finale.

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    1. Abbiamo avuto la stessa percezione. Infatti il film è bellissimo (incanta proprio) anche se furbescamente fuorviante proprio con quello scopo. Infatti ci siamo cascati tutti per poi restare a bocca aperta. Nessuna beatificazione ma sicuramente un prodotto di livello alto su un tema che ancora oggi riempie le cronache (spesso tristemente nere). Aggiungo che la Cortellesi (grande artista sui palcoscenici) non è tra le mie preferite a livello cinematografico (sempre considerata brava seppur leggermente plateale), ma in questo film calza come un guanto e l'ho apprezzara moltissimo. Da applausi.

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    2. Io la perdono anche in virtù del fatto che a me piace comunque molto, Figli sempre con Mastandrea un gioiellino, la serie Petra anche.. quasi la preferisco in ruoli meno macchietta.. insomma visto anche il panorama asfittico di tanta produzione italiana, ben vengano queste prove.. ;)

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  2. La Cortellesi è una donna forte e concreta. La speranza è che non si faccia travolgere dall'ambiente fascista creato dalla Meloni.

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    1. Sfascista, visto lo stato in cui verte la Rai (che già non godeva di buona salute), se posso fare una battuta :D

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  3. La Cortellesi mi è sempre sembrata una donna intelligente, per cui non credo ci sia da temere.

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  4. Un buon film, ottimo che si torni a parlare (bene) del cinema italiano e che le produzioni comincino ad incassare (non abbastanza per sperare in una rinascita). In pochi mesi abbiamo avuto finalmente delle ottime pellicole (Garrone, De Angelis, aspettando di giudicare anche Rohrwacher...) ma sarà il tempo a dare il giusto valore alle opere. A mio parere "C'è ancora domani" sarà l'ennesima vittima dei tempi che corrono: dimenticato e ahimè dimenticabilissimo.

    Finale "moscetto", molto paraculo, un videoclip della canzone di Silvestri buttato lì, peccato. Quando smetteranno di abusare delle (bellissime) canzoni italiane nelle commedie, fatemi un fischio.

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    1. Grazie per il tuo commento Nik! Sull'abuso delle canzoni italiane nelle commedie, mi ha dato veramente un'illuminazione. E hai ragione. E' un vincere facile.

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  5. Sono d'accordo. Il cinema italiano lancia qualche segnale di ripresa variando anche maggiormente i temi. L'utilizzo delle canzoni in questo film è molto creativo e l'ho apprezato. L'importante è farne buon uso. Non disdegno l'arte sull'arte. Il finale è preparato in maniera furba ma negli anni ottanta apprezzavamo queste cose. Ogni tanto un passo indietro ci sta. Però capisco quel "paraculo" e ci sta pure questa definizione, senza accezione negativa 😉

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  6. Era ora che il cinema italiano riprendesse un po' di spazio.

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    1. Io sono d'accordissimo, essendo un appassionato di cinema italiano!

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