OcchioPinocchio: analisi e spiegazione del film (SPOILER) che arrestò la carriera di Francesco Nuti



OcchioPinocchio ha rappresentato il clamoroso arresto dell'avviata carriera dell'attore e regista Francesco Nuti.

Una produzione di stampo hollywoodiano, dai costi ingenti: si partì dai 13 miliardi di lire per poi finire su una cifra attorno ai 25-30, un paio sborsati di tasca propria dallo stesso Nuti. 

Un film, OcchioPinocchio, uscito tardivamente rispetto a quanto programmato, dal Natale del 1993 a metà 1994, e che fu un totale insuccesso al botteghino, ma anche di critica.

È certamente una pellicola troppo lunga (2 ore e 10 minuti), troppo ambiziosa, lontana anche della precedenti opere di Francesco Nuti. Qualche "sprazzo" del vecchio Nuti c'è, affiora stancamente, per il resto si ha una doppia impressione: che in certi momenti sia una spalla della giovane Chiara Caselli, in altri che sia un attore scelto dopo un casting sbagliato.

Del Pinocchio collodiano c'è poco o nulla: il personaggio della Caselli è una "reference" a Lucignolo solo per il nome (Lucy Light), la balena diventa una fabbrica dismessa, il grillo non è parlante e viene schiacciato dal piede del protagonista. Il paese dei Balocchi è una scena fugace, un intermezzo da musical sulle note di Kiss di Prince: una parte del film che doveva durare mezz'ora (portando il totale del film a quasi tre ore!) e che invece è stata abbondantemente sforbiciata. 




Nuti, mente da fanciullo e corpo da uomo, figlio di una cameriera e del banchiere n.1 di America, Brando Della Valle, vive in un ospizio dove presta lavoro come assistente per gli ospiti: viene soprannominato Pinocchio. Il padre, venuto a sapere della sua esistenza, alla morte del socio, lo ribattezzerà Leonardo. L'obiettivo di inserirlo in società fallirà. Come Geppetto, anche Brando lo inseguirà. Ma il Pinocchio nutiano non ha quasi nulla del Pinocchio di Collodi. Due anime pure, ma il secondo pesantemente condizionato dalle persone che lo circondano e lo plagiano, mentre il primo rimane sempre lo stesso. Il Pinocchio collodiano alla fine dell'opera matura e diventa, da burattino, un ragazzino in carne e ossa. Leonardo cresce, tutto sommato, grazie all'esperienza di vita on the road con Lucy-Lucignolo, e riesce a realizzare il suo obiettivo, in un finale brillantissimo che però non riesce a salvare in corner la pellicola. 



OcchioPinocchio è un film troppo "americanizzato", tra inseguimenti spettacolari, peraltro realizzati con grande cura, panorami da road movie statunitense, una "fauna" di personaggi che si allontanano radicalmente dai comprimari della commedia all'italiana e fanno rimpiangere il "sotto impiego" dei caratteristi Novello Novelli e Victor Cavallo, protagonisti delle scene dell'ospizio. Siamo a inizio anni '90 e in effetti la vera commedia all'italiana è seppellita da un pezzo. Addio critica sociale salace e pungente, addio a un punto di osservazione che mette in luce le poche virtù e i tanti vizi: condizionati dal modello americano, registi e sceneggiatori mettono in scena personaggi buoni e cattivi, storie favolesche, spesso con veri e propri intermezzi fantastici.

Nuti fa di più, in questo processo: dà pennellate delle sue vecchie commedie, ma realizza un film americano al 95%. Con grande cura, come detto: fotografia e regista sono di altissimo livello (Non condivido sotto questo profilo critiche che reputo ingenerose). Finché non entra in scena Nuti, quest'ultimo è assoluto protagonista nei panni del regista, che ci fa magistralmente vivere l'atmosfera di una grandissima banca americana e comprendere, con immagini sapientemente colte dalla cinepresa, le logiche di un impero economico, con una scena di un suicidio che è un piccolo capolavoro cinematografico. Ma la sceneggiatura è debolissima, i 132 minuti della pellicola non sono giustificati e Nuti si fa travolgere dalla storia, mentre in tutti i suoi film più celebri è la storia che ruota attorno a Nuti. Irriconoscibile, e non solo per lo strano capello cortissimo. Da film d'autore, OcchioPinocchio diventa una fiaba visionaria, e poco più.

Già in altre pellicole di Nuti ci sono evidenti richiami, se non citazioni, al cinema americano. Ma i suoi film rimangono commedie italiane degli anni '80. Più amare e introspettive, con un tocco di surreale che rappresenta alla perfezione il suo autore, con qualche inserimento slapstick che diverte, non come in certi film del periodo costituiti solamente sulle scene slapstick (Le comiche, o gli ultimi film di Fantozzi). Anche in OcchioPinocchio la scena del prete è una spassosa scena slapstick. Ma fa parte di quelle rare tracce del cinema di Nuti all'interno di OcchioPinocchio, come il tormentone "C'è la Polizia", che funziona, eccome. 



Ma a ben vedere, la parte più rilevante di OcchioPinocchio è il discorso che Leonardo-Nuti snocciola davanti agli amici del padre, nel momento del suo ingresso in società. È passata più di mezz'ora per avere finalmente il vero Nuti sullo schermo: ed è quello che fa uno straordinario parallelo tra i vecchi dell'ospizio e quelli dell'alta società. Un monologo degno delle sue precedenti opere, destinato a ripetersi solo in un altro fugace istante, nella scena del bagno nelle cascate di Chiara Caselli, quando Leonardo racconta le sue donne, le anziane dell'ospizio. Un legame tenero, spontaneo, in nome di un amore che non può essere etichettato.  Una scena "stralunata" ma riconducibile al cinema di Nuti. Ma quale obiettivo si è posto con OcchioPinocchio?

C'è chi ha azzardato una critica alla società capitalistica-finanziaria americana. Leonardo fugge da quel mondo e trova la sua libertà. Come il Pinocchio di Collodi, OcchioPinocchio è certamente un romanzo di formazione. Ma forse c'è altro, tra le righe.

Quando Leonardo si trova nell'ascensore con Lucy, a inizio film, ed entrano i due poliziotti, lei lo bacia per sfuggire allo sguardo degli agenti. Da lì nasce la battuta "c'è la Polizia",  a cui seguono baci e momenti di intimità. Nelle pellicole di Nuti ci sono spesso battute tormentone che si ripetono all'interno di diverse situazioni. 

Nel finale Leonardo urla "C'è la Polizia", in un momento di tensione con Lucy. Non è un tentativo di elemosinare un altro momento di intimità, quanto un vero avvertimento. Leonardo si accorge della presenza di un poliziotto, che poi spara e uccide Lucy.

E se fosse una metafora del cinema?



Se Nuti, attraverso il personaggio di Pinocchio, inseguisse una seconda fase della sua produzione cinematografica, slegata completamente dalle vecchie forme espressive, rappresentate da quel personaggio Lucy, che è stato fondamentale per la crescita, ma che ha esaurito il suo scopo?

L'ospizio potrebbe essere una metafora del cinema italiano, troppo "vecchio". Gli Stati Uniti rappresentano la "contaminazione" del cinema americano. La fuga finale di Leonardo rappresenta la fuga di Nuti verso un cinema nuovo, che fondi entrambe le esperienze, facendosi visionario, autoriale, ma con una chiara impronta dell'autore.

La favola però per Nuti ha avuto un epilogo amaro. Dopo il flop di OcchioPinocchio, l'attore-regista toscano è tornato suoi suoi passi, quattro anni dopo, con il "Signor Quindicipalle", perdendo però quella brillantezza che aveva contraddistinto le sue prime opere.

La sua carriera, purtroppo, aveva intrapreso un'inarrestabile parabola discendente.

Commenti

  1. A metà film ho mollato l'americanata.

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  2. Sai che non l'ho visto? Provo a recuperare..

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  3. Ammazza che tristezza... a partire dal grillo che viene schiacciato 🤣 E poi mi muore pure Lucy. Mancavano solo il gatto e la volpe che si fanno di eroina in un vicolo 😅

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    1. In realtà non è un film che suscita tristezza, anzi..

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