Maxxxine: come rinnovare l'horror ispirandosi agli anni '70 e '80 (di Bonigol)


di Bonigol

Maxxxine, diretto da Ti West, è il capitolo conclusivo di una trilogia pop che, fondendo l'horror del nuovo millennio con uno stile narrativo che è tipico degli anni settanta-ottanta, ha rinnovato il genere con successo. 

Il film chiude il triangolo delle ossessioni di fama della stessa Maxine, la cui vita s'intreccia in maniera violenta e drammatica con una donna di nome Pearl, dall'ambizione simile alla sua (entrambe sono interpretate magistralmente da Mia Goth). 

In Maxxxine, Ti West si riallaccia al periodo che segue i fatti sanguinosi avvenuti in Texas (e narrati nel film che "apre le danze" intitolato X, A Sexy Horror Story) mentre la ragazza (di mestiere pornostar) si trovava impegnata nelle riprese di un film a luci rosse insieme alla troupe in una fattoria di proprietà, appunto, di Pearl e del marito. 

Maxin lasciatasi quel dramma alle spalle vive ora a Los Angeles nello stesso periodo in cui un misterioso assassino sembra aver preso di mira le giovani donne. Seppur trentenne e conscia che l'ultimo treno sia prossimo a passare, ella non ha cambiato i suoi piani ed è determinata e disposta a tutto pur di passare da diva del porno a stella di Hollywood. Ad un passo dalla grande occasione, però, ecco i suoi trascorsi riaffiorare attraverso la figura di un losco detective privato (Kevin Bacon) al soldo di un uomo potente che pare conoscere segreti che le manderebbero in frantumi i sogni, la carriera e la vita. 

Il film è un chiaro omaggio al cinema degli anni ottanta, periodo del boom dell'home-video e del genere horror. Una lunga scena tra i capannoni e le ricostruzioni back-stage hollywodiane ci conduce al Bates Motel di Psycho ma sono tante altre le citazioni da cogliere, che vanno da Jamie Lee Curtis ai fastosi party sulle colline dove tuttora gli aspiranti attori e attrici si recano sperando di fare incontri importanti. 

A impreziosire la parte tecnica c'è un utilizzo di street view, luci ed ombre e una saturazione che richiama agli anni ottanta. La colonna sonora è intrisa di una nostalgia all'interno della quale è facile riconoscere i suoni sintetizzati di quel periodo, oltre a qualche hit divenuta evergreen. 

Mia Goth è da applausi nei panni di una Maxine ribelle, con la testa ben salda sulle spalle e capace di tirare fuori una forza inaspettata proprio quando le sue fragilità (i segreti e i suoi vizi) sembrano trascinarla a fondo. 

Stessi intenti ma personaggio molto diverso è invece Pearl, protagonista del prequel omonimo, una donna che abbiamo conosciuto nella fattoria texana quando era un'anziana dai sogni ormai svaniti, dopodiché ne abbiamo scoperto il passato, segnato dagli stessi plagi religiosi subiti e dalla medesima ambizione di "fuga" (dalla realtà circostante) che aveva Maxine. Tuttavia mentre quest'ultima è razionale e lucida nella sua voglia di ascesa, una indole malvagia obnubila i sogni di Pearl. Un'arrampicata verso l'alto "a mani nude" è quella di Maxine. Una corsa a ostacoli senza scrupoli caratterizza invece l'incedere di Pearl. 

La trilogia intera, oltre a intrattenere, invita a riflettere sulle strade e sul prezzo del successo (capace di divenir logorante ossessione) ma anche sul potere ubriacante dei media, dei tappeti rossi e del mondo dello spettacolo nonché sulle complessità dell'anima umana. 

Personalmente metterei Maxxxine appena dietro X, A Sexy Horror Story, come gradimento, lasciando Pearl (leggermente distaccato) come fanalino di coda. Nel complesso però è una trilogia ben riuscita, che funziona nel suo insieme e che non deve assolutamente mancare nella lista di ogni amante dell'horror.

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