Jujutsu Kaisen, il finale: l'evoluzione di Yuji Itadori, l'evoluzione finale di Satoru Gojo, come cambia la società degli stregoni


SPOILER


Per chi non è in pari con la lettura del manga, si consiglia di non leggere il post

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Jujutsu Kaisen è terminato con il capitolo 271.

Un finale che ha suscitato forti proteste del fandom, lettori che hanno messo in vendita su Vinted i manga, youtuber in rivolta con aggettivi sprezzanti verso l'opera intellettuale di Gege Akutami.

Partiamo da un presupposto: Jujutsu Kaisen è un'opera di fantasia. Il lettore può liberamente, con la propria fantasia e con il proprio pensiero, riempire gli spazi vuoti lasciati dall'autore. 

Concetto forse indigesto per un fandom "pigro" alla costante ricerca di "spiegoni". 

Ma lo comprendo: noi vecchietti siamo abituati a opere di "basso spessore" in cui si prendeva sostanzialmente tutto per buono, senza bisogno di spiegazioni (siamo cresciuti con i cartoni americani anni '80, non dimentichiamocelo). 

Alcune lamentele sono rispettabili e fondate. Anche a me sarebbe piaciuta una giusta commemorazione della morte di Gojo, che nel manga è limitata alle (fugaci) reazioni di Yuta e Itadori.  Ma siamo sicuri che tal scena (il funerale) sarebbe stata nelle corde dell'autore? Jujutsu Kaisen è un'opera diversa, nell'ambito dei Battle Shonen. I momenti introspettivi sono ben calati nella trama, senza appesantirla, e piuttosto incisivi. Gli stregoni, dal canto loro, non brillano per empatia. Ma d'altra parte non sono uomini normali. È quanto giustamente sottolinea Todo a Shibuya, davanti a uno Yuji collassato mentalmente.

Però la storia ha avuto la sua evoluzione. E Itadori, partito con l'entusiasmo di chi si sentiva l'eroe e divenuto poi un ingranaggio all'interno di una lotta, ha completato il suo percorso, comprendendo che nella vita è sbagliato ad attribuire ruoli alle persone: ciò che conta è la singola esistenza. E vivere al meglio questa esistenza, secondo il nostro pensiero e i nostri valori. 

Yuji è destinato a diventare un punto di riferimento della nuova società degli stregoni, lui che era stato condannato a morte dai piani alti della stregoneria. 

Il finale dell'opera ci mostra un Itadori cresciuto, maturo, che vuole essere un punto di riferimento, incoraggiare gli altri a trovare la propria strada (ma senza essere assillati dai "ruoli"), come fa con il ragazzo dalla tecnica maledetta piuttosto bizzarra, che per vincere la solitudine ha speso vagonate di soldi in un "hostess club", che invita addirittura a missioni che mai potrà svolgere. Gentilezza, empatia: caratteristiche "inedite" per uno stregone.

Ma Yuji ha trovato la sua strada, non ha seguito quella degli altri (Choso parlava di fratelli maggiori che fungono da modello: se dovessero intraprendere la strada sbagliata, il fratello minore può prendere quella giusta).  Satoru Gojo è stato il suo indimenticabile maestro: ma Yuji, pur potendo concorrere al titolo di nuovo "The Strongest", non seguirà la via del suo Sensei. Lui stesso gli aveva suggerito di rimanere sempre Yuji, senza farsi cambiare. 

Oggi, dopo la sconfitta di Sukuna, non ha più senso neppure l'etichetta di "The Strongest" e simili. La società degli stregoni cambierà. 

Magari partendo dal mettere in discussione il sistema di catalogazione, in gradi, degli stregoni stessi. Sistema che ha spesso portato a "storture": tipo la morte di Haibara, mandato in missione troppo giovane per stanare una maledizione che si è rivelata più forte.

L'addestramento dei giovani studenti rimarrà quello di soldati che dovranno prepararsi a combattere guerre. Ma qualcosa cambierà. Ricordate le parole di Miwa prima della morte di Mechamaru? Gli stregoni, a causa della loro professione, non potevano fraternizzare con loro, perché in caso di morte di un loro compagno, la separazione sarebbe risultata più dolorosa. Quello che è in fondo successo a Geto: la morte di Haibara ha aperto una ferita grande che lo stregone ha colmato percorrendo la via del male. Ma Geto è stato lasciato solo, dagli adulti, nel dolore. Figuriamoci: i piani alti sono pronti a condannare, senza esitazioni, due adolescenti, Yuta e Yuji, senza neanche porsi il problema di capire realmente come stanno le cose (esempio: Yuta è una risorsa, grazie a Rika, non un pericolo). Oggi, fortunatamente, non sarebbe più così. Il cambiamento è iniziato, anche perché Itadori ha segnato la strada: bisogna riscoprire l'umanità degli stregoni e cercare di capire il prossimo. 

Lo stesso Gojo aveva spesso evidenziato il valore dell'individualità dello stregone. retaggio della stessa società degli stregoni di cui faceva parte e di cui è stato vittima. Ma, lo ribadiamo, Itadori è stato l'esempio di un cambiamento. Ha sofferto tantissimo, ma la sua umanità alla fine ha fatto la differenza, così come il lavoro di equipe tra tutti gli stregoni, giovani e meno giovani. 

"Il potere dell'amicizia" non è stato evidenziato in maniera grossolana come avviene nella maggior parte dei Battle Shonen, ma è comunque presente. E il penultimo panel del manga, nel capitolo finale (271), lo mostra evidentemente. Nel primo riquadro Yuta e Maki, con Panda e Inumaki. Nel secondo riquadro Kirara e Hakari. Nel terzo i protagonisti Yuji, Megumi e Nobara. Certamente divisi per classi, ma non è un caso che all'interno delle singole classi questa giovane generazione di studenti sia andata controcorrente, costruendo dei rapporti solidissimi di affetto, che sia amicizia o amore. 

E a proposto di amicizia. Il rapporto tra Gojo e Geto è uno dei caposaldi del manga.

Gojo, agonizzante, ha la visione premorte in cui si riunisce ai suoi vecchi compagni e al suo unico, grande amico: Geto. I due sono state vittime della società degli stregoni. Il periodo più felice di Satoru è stata la sua giovinezza, condivisa con l'amico. Quando si sono separati, quella felicità è finita. Gojo ha vissuto in solitudine, si è fatto carico della qualifica di "più forte" e ha fatto il suo percorso di vita senza rimpianti, cercando di dare il massimo e poi coltivando un nuovo ideale: crescere studenti più forti di lui e cambiare la società degli stregoni.

Eroe tragico, ma vincente, Satoru Gojo, anche senza funerale e commemorazioni (ma i suoi studenti non lo dimenticheranno: Itadori lo dice chiaramente).  

Certamente vittima, come Geto. Quest'ultimo istantaneamente condannato a morte, senza processo e senza neanche un misero tentativo di comprendere le motivazioni che lo hanno spinto a muovere violenza verso i non stregoni. Gojo è sempre stato considerato uno strumento, scomodissimo e temuto, dalla società degli stregoni. Nessuno ha cercato di capirlo dal punto di vista umano.  Temuto perché capace, da solo, di diventare una bomba capace di mettere fine all'umanità; scomodissimo, perché la sua presenza inibiva certi giochi di potere, da parte di quella società degli stregoni corrotta. Se avessero infatti sorpassato il limite, Gojo li avrebbe abbattuti uno a uno. Quello che poi ha fatto per porre le basi verso una società più giusta. 

Quando Satoru viene sigillato da Kenjaku, i piani alti lo condannano all'esilio e  ordinano la morte per chi avrebbe tentato di liberarlo. Se ne fregano di perdere l'apporto dello stregone più forte, quello che risolve ogni problema con le maledizioni. Solo i suoi studenti si prodigano per liberarlo. Senza la liberazione di Gojo, Sukuna e Kenjaku avrebbero vinto. 

Gli stregoni, invece, devono essere sostenuti dai piani alti. Ci deve essere collaborazione, crescita. 

Gojo doveva essere visto come una risorsa straordinaria. Diventa invece, come detto, eroe tragico di questa storia. 

L'uccisione dei piani alti da parte di Satoru è un atto di violenza esercitata su altri stregoni. Ma Gojo sa bene di non aver più nulla da perdere. Sa bene che il suo destino è segnato, altroché "Vincerò". Ha giustamente ostentato sicurezza davanti ai nemici, ma dopo essere stato "sigillato" ha completato il suo processo di crescita.

Shibuya gli ha insegnato infatti che le cose possono andare diversamente da quanto previsto anche se si è il più forte e si è abituati a risolvere ogni problema.

Nel mese di preparazione al confronto con Sukuna, ha lavorato anche sui suoi studenti per renderli ancora più forti, sapendo che il duello contro il "Re delle maledizioni" sarebbe stato, questa volta, una montagna troppo ardua da scalare. Il volto teso, prima di incontrare ed essere salutato dai suoi studenti, era sintomatico delle sue preoccupazioni. Ma ha avuto fiducia nei suoi ragazzi. Particolarmente significativo è l'ultimo dialogo con Yuji, quel "La gente non ne ha avuto abbastanza di Satoru Gojo"? Satoru si è reso conto che si sarebbe completato un passaggio di consegne, ma c'è anche una lettura ulteriore: è l'autore a parlare, rivolgendosi ai propri lettori. 

E se Gojo a Shibuya si è fatto sigillare da Kenjaku (ma ricordiamo che con un Purple avrebbe spazzato via Mahito e compagnia: non lo ha fatto per salvare vite umane), bisogna anche ricordare le responsabilità dei piani alti, l'assurda mancanza di preparazione di una battaglia contro un avversario infido e temibile. 

Ma d'altra parte parliamo della corrotta società degli stregoni: quella che separa il piccolo Gojo dai genitori, perchè stregoni troppo deboli e quindi visti come un ostacolo alla sua crescita; quella divisa in rigidi clan patriarcali e assetati di potere, prestigio e di soldi (della morte di Naobito in casa Zenin non è fregato nulla a nessuno, dell'eredità sì, eccome...); quella che impedisce la diffusione di tecniche, come il dominio semplice, che possono salvare le vite degli stregoni in battaglia (capite allora il famoso capitolo finale su Mei Mei e il dominio semplice?).

Ecco perché ci viene mostrata la morte del preside Yaga, che alcuni lettori (un po' distratti) hanno ritenuto inutile o non sufficientemente argomentata. 

Yaga infatti custodiva un segreto: la tecnica per creare gusci maledetti con energia vitale e maledetta autonoma.

I piani alti avevano cercato di estirpargli il segreto, addirittura imprigionandolo.

Poi, dopo che Gojo è stato sigillato, hanno ordito il loro piano. Hanno trovato il pretesto per condannare a morte Yaga, tanto Satoru era messo fuori gioco e non avrebbe potuto salvare il suo ex insegnante e preside, e metterlo alle strette: o avrebbe parlato e confidato il segreto, oppure sarebbe morto. Lui ha scelto di morire, ma poi di rivelare tutto, poco prima di chiudere gli occhi per sempre, per "maledire" Gakuganji e costringerlo a fare una scelta che avrebbe inciso sugli equilibri di quella società degli stregoni di cui Yaga è stato vittima. 

Quest'ultimo ha preferito farsi uccidere, stretto anche tra evidenti rimpianti (il non essere stato vicino ai giovani studenti quando era insegnante, evidentemente), coinvolto in questo vortice di scontri per il potere.

Ma Gakuganji, il suo esecutore materiale, ha fatto la scelta giusta. Si è reso conto della spirale di violenza in cui è finito il Giappone, anche per colpa dei piani alti, ed è cambiato, conservando il segreto per non diffonderlo a chi, pur avendo il potere gerarchico, avrebbe potuto usarlo anche per creare un esercito di gusci maledetti e dominare la società. 

Yaga, Nanami, Gojo: sono tutte vittime della società degli stregoni di cui fanno parte, dei meccanismi perversi della stessa. Ma tutti e tre hanno capito quanto sia importante difendere e fare crescere gli stregoni più giovani. Diversamente da un Naobito Zenin, che in battaglia sostanzialmente pensa solo a se stesso. 

C'è poi un ulteriore aspetto da rimarcare, nell'evoluzione della storia, e che gli "insoddisfatti" della storia non hanno colti. 

L'essere maledetti.

Nanami in punto di morte lascia un "fardello" a Itadori, Reggie "maledice" Megumi dicendogli che sarebbe diventato una marionetta e poi sarebbe morto. 

I due protagonisti li troviamo felici e sorridenti, alla fine della storia.

Non è Disney Kaisen, è semplicemente il risultato della loro vittoria.

Megumi diventa una marionetta manovrata da Sukuna, ma al momento giusto rinsavisce e aiuta Yuji a vincere la sua battaglia.  Itadori si fa carico delle sofferenze altrui, veste i panni dell'eroe e diventa un punto di riferimento anche nel cambiamento della società degli stregoni. 

La forza di volontà e la determinazione possono far superare ogni ostacolo, anche le peggiori maledizioni. È un insegnamento valido anche per noi lettori. Pensate ad esempio a un figlio che eredita un'azienda dissestata dal padre e la risolleva. 

Jujutsu Kaisen nel suo epilogo quindi celebra perfettamente la crescita e la vittoria dei suoi protagonisti, aprendo un orizzonte di positività dopo un inizio di storia tragico e fosco, partendo dalla giovinezza di Gojo, la parte più drammatica del manga del Sensei Akutami. 

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