Il Ragazzo e l'Airone: viaggio in animazione ai confini della realtà (di Bonigol)

Foto Lucky Red


Di Bonigol

Hayao Miyazaki, torna dopo una pausa di quasi dieci anni, per offrirci la sua arte d'animazione in un viaggio oltre i confini della realtà, suggestivo ed emozionante dal quale, com'è nel suo stile, spicca il delicato equilibrio tra uomo e natura. 

Il Ragazzo e l'Airone è il percorso di crescita di un bambino giapponese di nome Mahito che, durante i bombardamenti della Guerra del Pacifico, nel 1944, perde sua madre in un incendio. Un anno dopo la tragedia, il padre del bambino decide di risposarsi con la sorella minore della defunta moglie e tutta la famiglia, per allontanarsi dagli orrori della guerra e dai ricordi tristi, si trasferisce in una grande casa di campagna nei pressi di un bosco rigoglioso. Un imponente airone, dal giorno del loro arrivo inizia a volteggiare dallo stagno al giardino cercando di stabilire un contatto con Mahito. Il ricordo sempre vivo della madre e le difficoltà ad ambientarsi spingeranno sempre più il bambino  verso una difficile e sofferta individuazione personale,  attraverso un canale metempirico, paesaggi da cartolina e personaggi folli e fiabeschi.

Nonostante un'indubbia bellezza visiva e narrativa, il film può risultare complesso e a tratti enigmatico, lasciando in sospeso alcune delle domande che suscita. È arte e comunicazione ma occorrono le giuste chiavi di lettura. 

Il Ragazzo e l'Airone è uscito dopo un lungo "travaglio" dovuto anche alla pandemia di Covid 19 che ne ha rallentata la realizzazione. È "sbucato" nelle sale giapponesi quasi in sordina (per scelta dello stesso Miyazaki), senza promozioni né divulgazione di dettagli della trama, ma nonostante ciò ha registrato incassi tra i più alti di sempre per un anime.

Quest'opera è stata, inoltre, premiata come miglior film d'animazione agli Oscar 2024 ed è stata questa la terza statuetta ricevuta dal maestro giapponese che aveva già trionfato con La città incantata e ricevuto un titolo all'onor di carriera. 


Chi in passato ha già affrontato la visione di un film di Miyazaki (La Principessa Mononoke, Ponyo, La Città Incantata) può bene immaginare quanto le allegorie giochino un ruolo fondamentale nel dare corpo al racconto. È un cinema adulto nel quale ci si smarrisce talvolta, poi si ritrova la strada perché è proprio il film stesso a mollare la presa poi riprenderti la mano. Gli argomenti profondi trattati da questa storia disegnano una traiettoria poco lineare (grottesca quanto realistica) e il tutto è coadiuvato dalla toccante colonna sonora composta da Joe Hisaishi. 

Una fusione tra luoghi, colori e percezioni che invita lo spettatore a riflettere profondamente sulla vita e la morte offrendo la versione di un mondo diverso da ciò che rappresenta nelle nostre certezze. Il cinema del grande Miyazaki è un biglietto di sola andata per un viaggio unico nel mondo della fantasia e le sue creazioni continuano ad essere cibo per gli occhi e per il cuore ma mai ne saremo sazi.


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