Via Margutta, uno scorcio di Roma cantato da Luca Barbarossa: l'analisi

Luca Barbarossa - Foto TgCom

Una splendida poesia che a Sanremo 1986 passò praticamente inosservata: con Via Margutta Luca Barbarossa racconta il luogo del centro storico di Roma in cui è cresciuto.

Su Internet si reperiscono facilmente informazioni sulla via. Margutte era il soprannome di un barbiere, Luigi Margut (origini francese); ma anche "Marisgutta", "Goccia di mare". Così era stato ribattezzato un ruscello che scendeva dalla villa dei Pincii e che veniva utilizzato come..bagno all'aria aperta per espletare funzioni fisiologiche, così almeno riporta la Wikipedia.

Via Margutta è un luogo di magia per l'autore, che da bambino venne accompagnato dal nonno alla scoperta di quei palazzi nelle cui mansarde vivevano gli artisti che si nascondevano dal regime Fascista. 

Luoghi in cui, mentre fuori dominavano morte e oppressione portate dal nazi-fascismo, le persone riuscivano a coltivare bellezza e amore. Gli artisti infatti sfruttavano i cortili interni, le scalette, per farsi visita, per nascondersi. E come racconta Barbarossa, suo nonno riuscì anche a salvare un bambino ebreo dal campo di concentramento: nascondendolo in un anfratto, coperto da dei quadri. Una metafora straordinaria: l'arte che salva, letteralmente, una vita.

Via Margutta è uno straordinario affresco notturno da parte di Barbarossa: i gatti sui tetti, il silenzio interrotto da un colpo di telefono e da una radio che trasmette programmi notturni. La notte induce riflessioni e soprattutto scatena i ricordi del passato. L'autore esterna le proprie emozioni nel dialogo con la sua compagna, dialogo che coinvolge in realtà tutti noi ascoltatori. 

Il cielo fa da cornice all'amore di una coppia, mentre decenni prima era stato teatro dei bombardamenti: la rinascita della vita, dell'amore, dopo i tempi bui del conflitto Mondiale, sono un'altra tematica fondamentale di questa canzone che non è un inno alla nostalgia, ma una celebrazione del ricordo e del cuore dell'uomo, dei suoi sentimenti, dell'amore che non si piegava neppure di fronte all'orrore di una guerra.

La notte intesa come momento buio è destinata prima a poi a finire. La notte, inteso come momento poetico in cui dare libero sfogo a sentimenti e sensazioni, vorremmo invece trattenerla. E invece è destinata a "suicidarsi", a finire, e noi non sappiamo "come salvarla". 

Via Margutta, il testo

Sta cadendo la notte
Sopra i tetti di Roma
Tra un gatto che ride e un altro che sogna
Di fare l'amore.
Sta cadendo la notte
Senza fare rumore
Sta passando una stella
Sui cortili di Roma
E un telefono squilla
Nessuno risponde
A una radio che parla
È vicina la notte
Sembra di accarezzarla.
Amore vedessi
Com'è bello il cielo
A via Margutta questa sera
A guardarlo adesso
Non sembra vero che sia lo stesso cielo
Dei bombardamenti, dei pittori
Dei giovani poeti e dei loro amori
Consumati di nascosto
In un caffè.
Amore vedessi
Com'è bello il cielo
A via Margutta insieme a te
A guardarlo adesso
Non sembra vero che sia lo stesso cielo
Che ci ha visto soffrire
Che ci ha visto partire
Che ci ha visto.
Scende piano la notte
Sui ricordi di Roma
C'è una donna che parte
E un uomo che corre
Forse vuole fermarla
Si suicida la notte
Non so come salvarla.
Amore vedessi
Com'è bello il cielo
A via Margutta questa sera
A guardarlo adesso
Non sembra vero che sia lo stesso cielo
Dell'oscuramento e dei timori
Dei giovani semiti e dei loro amori
Consumati di nascosto in un caffè.
Amore sapessi com'era il cielo
A Roma qualche tempo fa
A guardarlo adesso
Non sembra vero che sia lo stesso cielo
La stessa città
Che ci guarda partire volerci bene
Che ci guarda lontani
E poi di nuovo insieme
Prigionieri di questo cielo
Di questa città
Che ci ha visto soffrire
Che ci ha visto partire
Che ci ha visto.
Si suicida la notte
Non so come salvarla

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