Piove: il dramma familiare è il vero orrore. Recensione senza spoiler e il finale spiegato


Recensione senza spoiler

Piove (2022), film di Paolo Strippoli, è un horror italiano di nuova generazione che coglie in parte il bersaglio.

Più che immagini di orrore e di violenza, per gran parte del film respiriamo un'atmosfera buia e cupa: non ci sono mai battute a stemperare la tensione alle stelle di una difficile situazione familiare, quella di Thomas, vedovo che cresce due figli, Enrico e Barbara, tra mille difficoltà, compresa la disabilità di lei. 

Il "male" viaggia nei sobborghi di Roma, tra famiglie emarginate e persone in condizioni di fragilità, colpa di un fango che esce dai tombini emanando un vapore che, se inalato, ha effetti nefasti sulle persone.

Il film sa tenere incollato lo spettatore, per quanto alcuni snodi di sceneggiatura siano prevedibili, ma si perde nella parte finale, quella di maggior azione (e concitazione), che tende a far scivolare il film su binari già visti mille volte, soprattutto nel cinema di genere americano, per quanto il make-up sia curatissimo. In effetti Piove ha poco da spartire con la tradizione dell'horror italiano, le pellicole di Dario Argento e Pupi Avati tanto per intenderci, e strizza più l'occhio al cinema a Stelle e Strisce, con qualche reference al "Body Horror" di Cronenberg. Merita comunque una visione, anche per la metafora nascosta dall'elemento soprannaturale. 



Piove: il finale spiegato

Questa parte di recensione contiene spoiler

Il lungo flashback dell'incidente in cui muore Cristina, la moglie del protagonista, sembra suggerire che sia lei a generare il fango da cui trae origine il vapore che "zombifica" chi lo inala. Ma questo potrebbe anche avvenire per altre persone morte in maniera improvvisa.

Per ciò che concerne l'incidente, da un punto di vista della causalità, tutti sembrano avere responsabilità: Thomas che rimane a casa e lascia che sia Cristina, nonostante la stanchezza di lei, a uscire in automobile per andare a prendere la figlia Barbara a una festa di compleanno; la piccola, che porta palloncini in auto; Enrico, salito in auto per accompagnare la madre, che con una sigaretta farà esplodere accidentalmente un palloncino, facendo perdere concentrazione a Cristina fatalmente. 

In senso stretto però è evidente che, al di là dei meccanismi del fato messi così in azione, la responsabilità sia di Enrico. 

Il finale del film ruota attorno a questo regolamento di conti tra padre e figlio. La madre si manifesta nella sua nuova forma, un essere praticamente formato da fango (e qui il film a mio modo di vedere "scade" un po') che però perde consistenza perché probabilmente padre e figlio, di fronte all'orrore, hanno già deposto le armi e abbandonato l'ostilità reciproca.

Nel finale Thomas, Enrico e Barbara si abbracciano all'esterno del loro condominio, così fanno anche tanti piccoli gruppetti di persone. 

Si completa così la metafora.



Piove è infatti un film che descrive la violenza insita nell'uomo, alimentata dal rancore e spesso da situazioni di disagio e di povertà. Tutti i delitti del film infatti avvengono all'interno di nuclei familiari o di situazioni di quotidianità. Il regista mostra praticamente gli effetti della violenza che generalmente confiniamo nella nostra mente quando la rabbia esplode: ci può accadere in famiglia, sul lavoro, con dei conoscenti. Anche in famiglia si generano incomprensioni e covano risentimenti. Si può uscirne solamente affrontando le criticità tutti uniti, un'unione rappresentata appunto dagli abbracci finali. 

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