Una tomba per le lucciole: il no alla guerra che lacera e commuove


La prima parte della recensione è senza spoiler. La seconda parte, staccata dalla prima, presenta spoiler. 

Commovente, struggente, lacerante nel suo messaggio antimilitarista: la guerra porta con sé solo morte, distruzione, povertà e fame. Una tomba per le lucciole (1988), uno dei capolavori dell’animazione giapponese prodotto dallo Studio Ghibli, torna al cinema dal 18 al 24 settembre, in un momento storico in cui, purtroppo, l’attualità ci riporta immagini di conflitti e sofferenza. 

Scritto e diretto da Isao Takahata, il film è l’adattamento del romanzo semi-autobiografico di Nosaka Akiyuki, che perse davvero la sorella minore durante la Seconda guerra mondiale. La vicenda si apre con un lungo flashback che ci conduce nel 1945, tra le macerie di Kobe, appena colpita da un devastante bombardamento realmente accaduto. Protagonisti sono Seita e Setsuko, fratello e sorella che, dopo aver perso i genitori — il padre impegnato in guerra, la madre, maestra, morta sotto le bombe — cercano di sopravvivere in un Paese piegato dalla fame e dal terrore. All’inizio, un sopravvissuto esclama: «Siamo stati fortunati, siamo ancora vivi». Ma il film ci spinge a chiederci: è davvero fortuna? Più volte, nel corso della storia, affiora l’idea che la morte possa sembrare un sollievo. Eppure Seita e Setsuko resistono. Lui fa di tutto per nutrire e proteggere la sorellina; lei, nonostante l’assenza dei genitori, conserva un sorriso capace di illuminare il buio. Si accontenta di piccole gioie: una caramella, una grotta trasformata in rifugio, le lucciole che, di notte, danzano luminose intorno a loro. Una luce simbolo di speranza, che però sappiamo già essere fragile. 

Seita e Setsuko affrontano la dura vita da sopravvissuti cementando il loro legame, senza mai perdere la propria umanità, mentre attorno a loro lo spirito di solidarietà si affievolisce, nella logorante lotta quotidiana alla sopravvivenza, dove ognuno pensa sostanzialmente a se stesso. 

+++DA QUI INIZIANO GLI SPOILER+++

Ed è proprio questa la parte più difficile da accettare di Una tomba per le lucciole: non i bombardamenti, i cadaveri, l'agonia di chi, ferito, si spegne più o meno lentamente. Ciò che colpisce maggiormente è l'atmosfera da Homo Homini Lupus ("ogni uomo è un lupo per un altro uomo”), rappresentata alla perfezione dalla zia dei due protagonisti, che si rifiuta di dar loro cibo, salvo un'insipida minestra, motivando questa sua scelta con il fatto che i due bambini non partecipassero attivamente al sostentamento della famiglia, e dal contadino che scopre il furto di patate da parte dei Seita, picchiandolo brutalmente.  Questi gesti, apparentemente minori rispetto all’orrore della guerra, sono in realtà uno schiaffo in pieno volto allo spettatore, anticipando il tragico epilogo già rivelato dalla scena iniziale del lungo flashback.

Vediamo infatti i due fratelli cedere poco a poco, nonostante la loro strenua resistenza. Setsuko, denutrita, si ammala e si lascia morire. Seita, bambino di grande generosità e umanità, sorride sotto i bombardamenti perché è l'occasione per fare razzia nelle case sfollate. La sequenza in cui corre in direzione opposta alla folla terrorizzata è la più spiazzante della pellicola, anche più del confronto tra la Setsuko sorridente e paffutella delle prime scene e quella spenta e magrissima dell'epilogo. Il destino di Seita è segnato: morta la sorella, non ha più ragione di vivere. È solo in un mondo devastato: non ha la forza di rimanere nel rifugio, raccoglie i frammenti di ossa della sorella nella scatola di caramelle, ma alla fine si lascia morire tra l'indifferenza della gente, alla stazione, tra altri "indesiderati".

E torniamo così alle parole del sopravvissuto: «Siamo stati fortunati, siamo ancora vivi». La risposta dell'autore del film è purtroppo raggelante: no, non è stata fortuna. Eppure alla fine vediamo la Kobe attuale, una città di luci e grattacieli: la guerra è finita, il mondo è tornato a prosperare. Se da una parte vedere le anime di Seita e Setsuko riunite ci dà una piccola consolazione, dall'altra quella scena è un monito: viviamo nell'agio, abbiamo ogni comfort e ci dimentichiamo dei Seita e delle Setsuko che lottano ogni ora per sopravvivere, senza perdere l'umanità, nonostante la fame e gli stenti. Una tomba per le lucciole è portatore quindi di un grande messaggio contro ogni guerra, ma anche un monito a noi spettatori che viviamo nell'età del consumismo e del capitalismo sfrenato: non dobbiamo perdere la nostra umanità e cedere all'indifferenza. 

Commenti

  1. Sarà stato il momento ma quando l'ho visto la prima volta non mi ha colpito come credevo o speravo, comunque indubbiamente bello ed emozionante, occorrerà personalmente rivalutare prima o poi.

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    1. È bello, assolutamente, poi il leggere "Impossibile vederlo due volte", ecco, lì mi permetto di dire che sia la classica "sparata" da social :)

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