"Felicità" (1988) è uno dei capolavori in musica di Lucio Dalla, il grande cantautore bolognese scomparso dieci anni fa. Evoca felici ricordi di gioventù questo brano, traccia di "Dalla&Morandi in Tour", tra le cassette che hanno fatto da colonna sonora alla mia infanzia e che fu acquistata da mia sorella, dopo aver assistito al concerto dei due artisti, a Pesaro, in compagnia di mia zia.
Ma "Felicità" è anche la canzone principale della colonna sonora de "Il frullo del passero", film con Philippe Noiret che fu girato nel mio comune, Novafeltria. É un brano delicato, introspettivo e fortemente malinconico, in cui Dalla esprime tutta la sua vena poetica, non rinunciando a immagini particolari che solo un'artista del suo calibro riesce a inserire in una poesia senza farle stonare (l'elastico senza mutande). In "Felicità" si immagina un cielo senza stelle e una terra senza gli uomini, ascesi al cielo (una sorta di giudizio universale?). C'è dunque la piena consapevolezza che l'uomo faccia "casino" e provochi dolore (agli altri uomini e alla natura), ma che sia anche l'anima della vita sulla terra.
Il tema della canzone è naturalmente la felicità, personificata in un passeggero di un treno notturno che però non scenderà mai alla stazione. Siamo dunque destinati a non conoscere mai la (vera) felicità, ma solo dei brevi momenti di gioia? Ci diciamo felici quando appaghiamo dei desideri, quando raggiungiamo degli obiettivi che ci siamo posti, quando realizziamo alcuni sogni. E il sogno è un altro elemento chiave del brano. Se a fine anni '60 gli studenti francesi "cantavano il disordine dei sogni gli ingrati del benessere francese", citando De Andrè, e il movimento sessantottino predicava "l'immaginazione al potere", cioè la realizzazione di quel mondo nuovo e senza ingiustizie sognato da tanti, negli anni '80 i sogni sono diventati diversi. Il consumismo dilaga e l'uomo, pervaso da questo materialismo imperante, si accontenta, aspirando a una vita borghese, apparentemente felice. E sono i programmi televisivi, anche con la pubblicità, a dettare i desideri allo spettatore, come si evince da questi splendidi versi:
Forse per questo i sogni
Sono così pallidi e bianchi
E rimbalzano stanchi
Tra le antenne lesse
Delle varie tv
E ci ritornano in casa
Portati da signori eleganti
Sì sì che parlano
Tutti quanti che applaudono
Non ne vogliamo più
L'uomo, in questo "mondo di cartone", non ha più neanche aspirazioni metafisiche ed è inutile anche chiudere gli occhi, per isolarsi dalla realtà che ci circonda e da tutti i beni materiali - spesso superflui - che abbiamo intorno. Inseguiamo dunque la realizzazione di desideri espressione del nostro materialismo, perdendo di vista le cose importanti. Il treno non si ferma, ma noi non sappiamo più trovare neanche il binario giusto.
Grande Lucio ❤
RispondiEliminaGran pezzo... raccontato benissimo nel tuo post.
Non sapevo facesse parte della colonna sonora di un film (tra l'altro leggo che ha vinto il Donatello per questo!), e il fatto che sia stato girato nel tuo paese mi ha messo curiosità ;)
Grazie mitico! Sì, è un film sentimentale con qualche pennellata di erotismo. C'è anche Ornella Muti!
EliminaBrano di una delicatezza unica, una visione del mondo consapevole, straordinaria.
RispondiEliminaConcordo pienamente!
EliminaTutte le volte che l'ascolto, piango.
RispondiEliminaE' una canzone veramente emozionante
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