Flesh for Frankenstein e Blood for Dracula: l'analisi di Obsidian Mirror



Oggi abbiamo una "prima" assoluta qui sull'Abcb. Si tratta di una delle "penne" più valide della blogosfera, The Obsidian Mirror, a cui ho chiesto una recensione di  "Flesh for Frankenstein", conosciuto in Italia come "Il mostro è in tavola... barone Frankenstein". Ho interpellato un vero numero 1 del genere per recensire questo film horror-fantasy-exploitation che ha costituito il trampolino di lancio nel cinema per l'italianissima Dalila Di Lazzaro. Ringrazio di cuore Obs (o Tom) per avermi concesso il suo tempo. Oggi corre una Ferrari (Obs) su una pista di go-kart (l'Abcb)! 


Strana combinazione quella di un guest post che, seppur a distanza di un anno, si ricollega a quello che un redattore del blog “The Obsidian Mirror” (nella fattispecie, la mia compagna) aveva lasciato altrove. Il collegamento ha un nome e quel nome è Andy Warhol, il poliedrico artista che, oltre alle attività per cui è maggiormente noto, trovò anche il modo di occuparsi della settima arte con risultati, a mio parere, ammirevoli. In quell’occasione si parlò di “Vinyl” (1965), l’adattamento che l’iconico re della pop-art fece del più celebre romanzo di Anthony Burgess, anticipando di sei anni un’identica iniziativa del maestro Stanley Kubrick (iniziativa che sfociò in quel capolavoro che l’umanità intera oggi conosce come “Arancia Meccanica”). Ma se “Vinyl” sfiorava quello che è oggi è il concetto di cinema contemplativo (più un dipinto che un film), decisamente più tradizionale fu invece l’approccio che egli scelse, questa volta in qualità di produttore, per i suoi due film “italiani”, termine con il quale oggi vengono definiti “Blood for Dracula” (1973) e “Flesh for Frankenstein” (1974). Non posso che provare del rimpianto per un’epoca in cui Cinecittà gareggiava con Hollywood, attirando personaggi di tale calibro.


Ammetto che per anni ho sempre cercato di rimandare il momento della visione di quei due film, ma se l’ho fatto è stato solo per una sorta di pregiudizio nei confronti dei due gigionegggianti titoli con i quali “Blood” e “Flesh” sono conosciuti nel nostro paese, ovvero “Dracula cerca sangue di vergine e... morì di sete!!!” e “Il mostro è in tavola... barone Frankenstein” rispettivamente. Devo quindi per forza di cosa esordire con un ringraziamento al mio ospite Riccardo, il quale mi ha invitato a scrivere un pezzo su “Flesh” per questo stupendo blog, costringendomi in tal modo a mettere da parte ogni esitazione.


Se mi ritrovo a questo punto a parlare di entrambi i film, girati in Italia da Paul Morrissey con i soldi di Carlo Ponti, è perché giudico le due opere inscindibili e imprescindibili: difficile escluderne una a favore dell’altra. La cosa sorprendente, a conti fatti e visioni completate, è stato scoprire che “Blood” e “Flesh”, in particolar modo il primo, sono tutto l’opposto di ciò che quei due demenziali titoli italiani mi avevano portato a credere: si tratta piuttosto di due opere uniche nel loro genere, due mosche bianche nell’infinito panorama del cinema anni Settanta che, allora forse più che mai, pescava ispirazione a piene mani fra le pagine dei romanzi di Bram Stoker e Mary Shelley, facendo il più delle volte brandelli di quell’animo sottilmente romantico che mai è stato perso di vista dai cultori. Il cinema di Morrissey, viceversa, quell’animo romantico lo esalta, elevandolo a livelli mai raggiunti e irraggiungibili, soprattutto nel caso del conte transilvano, che dipinge come una figura languida, debole e malaticcia, immagine disperata alla vana ricerca di una sopravvivenza che non trova più alcun senso nella nostra epoca. Allo stesso tempo, le due figure sono caricate di attributi grotteschi anch’essi senza eguali: Dracula è costretto a tingersi i capelli per simulare gioventù e salute e il dottor Frankenstein, col pretesto della scienza, non fa altro che dare sfogo a desideri oscuri e malati.


Entrambi, conte e barone, hanno il volto di un giovanissimo Udo Kier, allora non ancora mitologico come oggi, ma pur sempre un protagonista in grado di fare la differenza (in fondo stiamo parlando di uno dei più grandi attori tedeschi, il migliore a rappresentare personaggi bislacchi da quando Klaus Kinski è morto). Meno incisivo Joe Dallesandro, il divo della Factory (di lui si narra che venne spinto a tentare una carriera nel cinema dal suo pusher) al quale venne solo richiesto di fare ciò che di meglio riusciva a fare, ovvero trombarsi tutto ciò che, vivo o morto, gli capitasse a tiro (anche se, per dover di cronaca, l’unica scena vagamente necrofila è magistralmente gestita da Udo Kier con la complicità “inanimata” di un’incantevole Dalila Di Lazzaro, raro esempio di bellezza anni Settanta che si aveva più piacere a guardare negli occhi che nella scollatura, alla quale fu destinata la parte del cadavere, sacrificando il valore aggiunto che avrebbe potuto derivare dalla sua dizione. Una scena, va detto, che fu tagliata nella versione italiana nel film). Veder poi lavorare gente come Polanski e De Sica fianco a fianco di attori non altrettanto famosi è stata una gioia per gli occhi, così come una menzione speciale, che credetemi giunge dal cuore, merita la presenza di Liù Bosisio e Milena Vukotic, in momenti diversi emanazione di quella meravigliosa quanto tragica maschera che fu “la Pina” di Fantozzi.


Realizzati back-to-back, come abbiamo visto con lo stesso cast e la stessa troupe, entrambe le pellicole offrono un livello di erotismo inaspettato anche per quegli anni: audaci “full frontal” maschili e femminili, amplessi piuttosto realistici, qualche accenno d’incesto, la giusta dose di lesbismo e, non ultimo, il già citato accento necrofilo. Nulla di cui stupirsi per chi conosce, anche marginalmente, la carriera del timoniere della Factory warholiana Paul Morrissey (tra l’altro, Morrissey fu l’uomo che portò la cantante di origine tedesca Nico a unirsi ai Velvet Underground). A posteriori non è difficile intuire il perché di quei titoli in italiano: la produzione deve aver pensato che il modo perfetto di smorzare la carica eversiva che le situazioni scabrose dei film, ma soprattutto il nome del regista, promettevano, fosse di buttare tutto sul ridere.



Numerose fonti attribuiscono la paternità dei due film al regista italiano Antonio Margheriti, il cui nome era ben evidenziato sui cartelloni di casa nostra; nonostante ciò sembra che quest’ultimo non abbia avuto nulla a che fare con la produzione effettiva del film (se non forse portando qualche raccomandazione su come realizzare gli effetti più cruenti) e che a lui fosse stato semplicemente affidato il compito di attirare gli spettatori italiani nelle sale cinematografiche, oppure accreditato per garantire, almeno sulla carta, la quota di maestranze italiane ai film.


Nonostante la loro sporca reputazione, per gli standard odierni i due film non sono poi così cruenti o nauseabondi. Alcune scene grondano sangue, ma credo che gli amanti del genere abbiano saputo apprezzare la visione di un Udo Kier che lecca il sangue di una vergine sul pavimento o vomita sangue “non potabile” in un elegante bagno liberty. L'umorismo è nero come la notte e i finali, con fiumi ematici a innaffiare la portata principale come dell’ottimo vino italiano, elevano il grottesco a grandi livelli di (inevitabile) comicità, ma va detto che non si tratta affatto di violenza né di ironia fine a se stesse.


Quella che viene messa in scena nei due film è, evidentemente, una lotta di classe che vede contrapposti la nobiltà e il popolo. Una lotta che passa anche per il corpo femminile: in “Blood”, il servo Mario (Dallesandro) cerca di strappare al conte il ius primae noctis sulle vergini della casa (finendo, guardacaso, per “salvare” da Dracula solo la sorella più giovane e carina, abbandonando al suo destino la maggiore e meno avvenente); in “Flesh” la cosa si fa ancora più evidente, perché Frankenstein assembla le due creature, maschio e femmina, al solo scopo di farle accoppiare per generare un figlio: come spesso accade anche nella vita reale, quindi, la femmina è per lui nulla più che un utero in attesa di essere ingravidato, neppure degna del dono della parola (non credo sia un caso che, dei due “zombi”, solo il maschio pare in grado di parlare. È Dalila Di Lazzaro, muta e infelice, la vera vittima del film).


Abbiamo parlato, dunque, di lotta di classe, e sappiamo tutti bene che una lotta di classe può facilmente sfociare in una rivoluzione. Gli arti recisi in “Blood” e i ventri squarciati a mani nude in “Flesh” non sono altro che un’iperbole di quello che succede nella realtà quando il popolo si ribella, e massacra la nobiltà con le uniche, grezze armi che ha a disposizione.
E non importa se siete tra coloro che istintivamente chiudono gli occhi nei momenti grandguignoleschi: vi rimarranno comunque impresse certe meravigliose inquadrature della campagna italiana che da sole valgono una visione.

Obsidian Mirror

Commenti

  1. Pur di mostrare la Di Lazzaro ti faresti succhiare il sangue da Dracula cha-cha-cha.

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    1. Ahahahaha,
      non poteva mancare questo film nelle mie recensioni sulla sua filmografia.
      Ho dovuto chiedere un aiuto esterno (e che aiuto...) perché sì, ho un buono stomaco, ma questo film mi trasmetteva veramente un senso di fastidio :D

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    2. Se questo ti creava fastidio, Riccardo, mi chiedo cosa succederà quando ti toccherà guardare "L'ultimo treno della notte", dove la Di Lazzaro, seppur non accreditata, si ritaglia una particina microscopica.

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    3. L'ultimo treno della notte è un film che amo.
      Terribile, crudo, nichilista.
      Con un grande Enrico Maria Salerno.
      Adoro sia quello che "La corta notte delle bambole di vetro".

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    4. Parlavo ovviamente dei film di Aldo Lado.
      Ultimamente ho visto di Lado "La cosa buffa", il film dove Gianni Morandi pronuncia la parola "figa" e fa sesso con Ottavia Piccolo :D

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    5. Quello stesso Gianni Morandi che si faceva mandare dalla mamma a prendere il latte? Impossibile. Non ci credo.

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    6. Ebbene sì..è anche nudo benché inquadrato da lontano 😂

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  2. Sono io che ti ringrazio per l'ospitalità, caro Riccardo. Esageri però quando dici che sono un "numero uno" del genere (anche perché poi ti smentisco subito dicendo che questi film non lo avevo mai visti prima). Mi sono divertito a scrivere questo post e mi auguro che si divertano i tuoi lettori a leggerlo...

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    1. Come no? sei un gran cultore tutto quello che finisce in "ploitation", no? :D.
      Hai visto anche quel film strano della macchina cava sangue per fare il vino :D, uno dei film più allucinanti che abbia mai visto :D.

      Grazie di cuore per il guest post 😎

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  3. Un'iniziativa sulla Di Lazzaro, in effetti, non l'aveva mai avviata nessuno. Serviva un ABCB che colmasse la lacuna....

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  4. @Obs: poi farò Maria Rosario Omaggio, Orchidea De Santis, Daniela Poggi :D
    @Cass: me gusta il termine doppietta, vista la familiarità di essa nel linguaggio calcistico

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  5. I titoli italiani fanno ridere, non solo per il contenuto ma anche per la lunghezza che pare quasi una sinossi 😅 Voglio realizzare un corto dal titolo "Il telefono squilla, Consuela risponde ma dice che el senor Griffin non è in casa" con la donna delle pulizie latina de I Griffin 😂
    Dracula che si fa la tinta comunque fa un po' ridere... ma i vampiri non sono immortali e longevi, quindi immuni all'invecchiamento?
    Due Pina nella stessa saga? Forte! 😁

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    1. ahahah il titolo del tuo corto è qualcosa di memorabile :D
      Fantastica Consuela!

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    2. Mi sarebbe piaciuto vedere le due Pina impegnate nello stesso film, ma purtroppo qui hanno fatto staffetta....

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    3. Sai che io preferivo la Bosisio come Pina? 😁

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    4. Io la preferisco come doppiatrice di Doramon al posto dell'odioso Ubaldi! 😡

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    5. Grande!
      Ubaldi è bravo, ma non l'ho mai amato, in generale. Forse solo con Taz l'ho trovato eccelso.
      Pietro (Ubaldi) non me ne volere :D

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  6. Ob è sempre una garanzia di qualità. :-)

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    1. Un grande. E' stato gentilissimo a dire sì alla mia richiesta

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    2. Come avrei potuto perdermi questa gustosa occasione di venire a far danni anche qui da te?

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    3. Gustosa è aggettivo perfetto visto il titolo culinario italiano di BFF 😁

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  7. Orchidea De Santis non me la perdo. :D

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  8. Grande Ob, è la persona giusta per scrivere di film come questi. ;)

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    1. Infatti desideravo una recensione "top" di questo film..Obs me l'ha fatta anche doppia :)

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    2. Cioè doppia non come doppione, doppia di argomenti e di film :D

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    3. Nel gergo cinematografico si chiama "double bill"...

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  9. Eheh, grande OBS e grande Rick.
    Quanto amo questo sottobosco (italiano o quasi, in questo caso, addirittura) del cinema B o anche C.
    Attribuzioni misteriose, anarchia totale e... sì, anche i fuorvianti titoli italici fanno parte del lotto, che piaccia o meno.

    Moz-

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    1. grande soprattutto Obs :D,
      comunque io adoravo questi fuorvianti titoli italiani...o i titoli italiani lunghi, come nei film gialli!

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    2. I titoli lunghi mi hanno sempre attirato come calamite. Il problema che i miei post tendenzialmente hanno sempre titoli corti e recensire un film dal titolo abnorme mi creerebbe problemi di coscienza....

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    3. Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici

      Lo devo vedere e recensire :D

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  10. Cioè fammi capire...
    Hai scomodato Obs per propinarci l'ennesimo film con la Di Lazzaro?!?!
    Ma è una super fissazione allora e quel poverino è stato un complice inconsapevole.
    Comunque non hai esagerato affatto nel definirlo numero uno, ma lui è molto modesto.
    Un bacio a entrambi.

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    1. Beh dai, diciamo che grazie a questa mia passione (brutto definirla fissazione 😁😁) ha colmato una lacuna, visto che non aveva visto Blood for Frankenstein!

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    2. Complice si, ma non inconsapevole....

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    3. Ahahah già, avevo spiegato tutto via E-mail 🤭

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  11. Non li conoscevo, e proverò a recuperarli. E solo grazie a quest'articolo... perché se avessi visto titoli come "Il mostro è in tavola... barone Frankenstein" e, soprattutto, "Dracula cerca sangue di vergine e... morì di sete!!!" (tre punti esclamativi!!!), avrei passato alla grande! :D

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  12. ahahahahah ma ancora lei? Niente, ormai non ne usciamo :P
    Sai che non ho visto nessuno dei due film? Provvederò. Mi avete incuriosita. Complimenti anche al recensionista.
    p.s. quanti film ha fatto Dalila? ahahahahah

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    1. ahah, no meglio di no :D. Della Dalila ti consiglio "L'Italia si è rotta", oppure "Il Gatto".

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