Il gatto: arpagoni, mafiosi, spacciatori e bellezze sotto il tetto dello stesso condominio


Se siete stupiti dall'alto tasso di criminalità di Gubbio o Spoleto, nella fiction Don Matteo, rimarrete interdetti nel vedere quello di un grande condominio romano. Mafiosi, spacciatori, maitresse, persone con istinti omicidi: tutti uniti sotto il tetto dello stesso palazzo. E' il microcosmo che anima le vicende de "Il Gatto", pellicola diretta da Luigi Comencini del 1977. Un film piacevole, ben diretto, con una sceneggiatura curata; una commedia velata di giallo che si giova di una coppia di protagonisti in gran spolvero, Ugo Tognazzi e Mariangela Melato, e di co-protagonisti molto efficaci. Cito tra essi la sensuale Dalila Di Lazzaro, personaggio interessante, perché è l'unico verso il quale Amedeo prova benevolenza, benché condizionato dall'avvenenza della donna, e il prete interpretato da Philippe Leroy, che paradossalmente, a mio modo di vedere, non ha lo spazio che meritava. "Il gatto" (l'animale in effetti avrà un ruolo fondamentale nella vicenda) non offre battute al fulmicotone, ma ha una comicità brillante che si sviluppa attraverso i comportamenti dei personaggi e attraverso le varie situazioni. Riso comunque nel complesso amaro.

Ugo Tognazzi e Dalila Di Lazzaro

I protagonisti de "Il Gatto" sono dunque Amedeo e Ofelia, fratello e sorella interpretati da Ugo Tognazzi e Mariangela Melato. Hanno ricevuto in eredità il palazzo dal padre e convivono in un appartamento, vivendo degli affitti riscossi. Un introito mensile che si assottiglia in quanto i due stanno cercando di liberarsi di tutti gli inquilini, per poter vendere il palazzo a un ricco costruttore e campare di rendita con il guadagno. E per farlo, mettono il naso nella privacy e nella vita dei coinquilini, scoprendo spesso delle attività illecite. Il palazzo si svuota, gli incassi per l'affitto scendono, ma il traguardo si avvicina e si avvicina così anche la fine della convivenza tra fratello e sorella. Due persone avide, grette, infantili e dispettose (si veda la scena nella quale si contendono l'hamburger migliore tra i due), senza scrupoli, ma anche piuttosto determinate e incrollabili nel voler raggiungere l'obiettivo finale. Ammirevoli quando partecipano come testimoni, in prima persona, a un processo su una vicenda di mafia e corruzione, senza alcun timore per la propria incolumità. Non possiamo inoltre dimenticare il talento per l'investigazione di Amedeo-Tognazzi: da far impallidire il già citato prete detective Don Matteo.

La scena dell'hamburgher

Così il grande "perdente" della storia non è né Amedeo né Ofelia, a prescindere dall'esito positivo o negativo della storia, che non vi rivelo, perché successo e insuccesso non cambiano il giudizio su questi personaggi; il perdente è piuttosto il commissario di Polizia, un "inetto" che è costretto a sopportare i due detective dilettanti, ma estremamente efficaci, e le lavate di capo del proprio superiore. I perdenti sono soprattutto i tanti coinquilini che delinquono, dietro un'apparenza di rispettabilità e di normalità. In fondo Amedeo e Ofelia sono gretti e insopportabili, ma non fanno nulla per nascondere la propria natura. E' peggiore una speculazione immobiliare su un palazzo di proprietà o spacciare?

La lavagnetta sulla quale Amedeo segna gli inquilini rimasti

Anche noi spettatori non siamo comunque esenti da un'autovalutazione. Quante volte siamo stati arrivisti nella nostra vista, anche se in ballo non c'erano 500 milioni di lire? Quante volte siamo stati paranoici nei confronti dei nostri vicini? Magari, in tempi di epidemia da coronavirus, abbiamo fatto gli sceriffi dal balcone e i giudizi sulle persone che effettivamente erano uscite di casa con un giustificato motivo a noi ignoto. Pensandoci bene: la breve scena di nudo sotto la doccia di Dalila Lazzaro, spiata da Ugo Tognazzi, non è forse un riferimento ai tanti italiani che, al cinema o davanti alla televisione, spiavano sotto la doccia le varie Fenech, Guida e Cassini, subendosi, per esse, film con sceneggiature risibili e battute da barzellettieri di caserma? Ecco, forse parlare di perdenti e vincenti è sbagliato. Piuttosto calzante invece un verso della Desolation Row (via della povertà) italiana di De Gregori e De André: "Questa gente di cui mi vai parlando - È gente come tutti noi-  Non mi sembra che siano mostri - Non mi sembra che siano eroi".

Commenti

  1. Ne hanno fatti di bei film in quel periodo! Tognazzi un grande e anche la Melato, due mostri sacri.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Questo è uno dei miei preferiti. I film di Comencini mi piacciono molto!

      Elimina
  2. Tognazzi si divertiva un mondo ad interpretare personaggi gretti e carichi di difetti. Qui da veramente il meglio nel vestire i panni di un avido e infingardo, però con una insospettabile vena di simpatia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Concordo pienamente, caro Nick, con il tuo giudizio sul personaggio del mitico Tognazzi!

      Elimina

Posta un commento