Il..belpaese. Quando Villaggio e Salce misero nel mirino le contestazioni studentesche e femministe

Il fortunato connubio tra il regista Luciano Salce e Paolo Villaggio è sfociato anche in un film purtroppo dimenticato, "Il..belpaese". Dimenticato non per volontà di cancellare una caustica satira dei movimenti di protesta degli studenti (oggi peraltro ancora attuale, visto certi risvolti violenti dei movimenti di protesta in America), ma probabilmente per alcuni difetti che hanno impedito a questo film di assurgere allo status di cult.
I principali difetti, a mio modo di vedere, sono la ripetitività di certe scene già viste in Fantozzi (esempio la scena in cui Villaggio mangia di nascosto dal suo interlocutore) e soprattutto un eccesso di iperbole. Il protagonista Guido Berardinelli (Villaggio), dopo otto anni di lavoro su una piattaforma di estrazione del petrolio, torna a Milano, trovando però una città profondamente cambiata, segnata dalle proteste studentesche, dai conflitti da gruppi di destra e sinistra, in balia anche della criminalità. Se i movimenti di protesta giovanili non escono certo bene dal ritratto dipinto dalla sceneggiatura di Salce e Villaggio (affiancati da Castellano e Pipolo), certo anche lo Stato è impotente (o forse complice?) di fronte a devastazioni, saccheggi, furti e rapine. Il problema è che le situazioni sono descritte in modo iperbolico: espediente che funzionava, con Fantozzi, anche perché tutto circoscritto al personaggio, a parenti, amici e colleghi; meno ne "Il..belpaese", dove il regista fa "tutti prigionieri", senza possibilità di salvezza.
"Il..belpaese" è comunque un film da scoprire. Il ritorno di Villaggio a Milano, seduto in un pullman di turisti giapponesi, è esilarante, tra sirene della Polizia scambiate per sirena della fabbrica ("Sono le dodici, gli operai vanno a mangiare") e la nebbia dei fumogeni della Polizia scambiata per smog. Ci sono anche i fedeli comprimari di Villaggio: Gigi Reder, sempre sontuoso come alter-ego di Villaggio, e Anna Mazzamauro. Un giovane Massimo Boldi è il nipote di Belardinelli e regala momenti spassosi quando assume eroina (altra critica al mondo giovanile dell'epoca, diviso tra tossicodipendenza, protesta violenta oppure adesione a movimenti di pensiero, solo per convenienza e moda). La coprotagonista è Silvia Dioniso, che inizia come femminista ("Castriamolo", gridano lei e le altre femministe al povero Belardinelli) e finisce come madre, ma solo perché è lei a voler disporre del suo corpo (usando l'uomo come oggetto: la stessa cosa in pratica che le femministe rimproverano agli uomini). Gli spunti di riflessione sociale sono molteplici, poi tutto viene un po' annacquato dal finale all'acqua di rose, comunque poetico, di riscatto e speranza: rappresenta il sentore del regista e anche dello spettatore. 



Commenti

  1. altro film che mi manca, seppur molto famoso...

    la satira sulle mode giovanili c'era anche in "Occhio, malocchio...", con Carletto, il fidanzato della Gegia xD

    RispondiElimina
  2. Direi che le critiche mosse dal film sono tutte finite sul bersaglio.
    Proteste che alla fine non vogliono giustizia o costruire qualcosa, ma solo una rivalsa cattiva (e se vogliamo molto infantile) verso chi veniva percepito come oppressore.
    Oggi non è affatto differente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Alex, è chiaro che in quegli anni tante persone hanno partecipato ai moti di protesta perché mossi da buone intenzioni, quelle di cambiare un sistema ingiusto.
      E' altrettanto vero che la politica ha mosso i fili, muovendo destra e sinistra come pedine per i propri interessi.

      Elimina

Posta un commento