Con 
"Virus - L'inferno dei morti viventi" (1980), 
Bruno Mattei si cimenta nel filone degli zombie movies, con una spruzzata di Cannibal Apocalpyse (senza le violenze sugli animali). Di originale non c'è molto, ma certe scene dinamiche si fanno apprezzare: in particolare quella rigorosamente "
action" dell'assalto all'ambasciata, a inizio film. I quattro mercenari protagonisti (più che militari, sembrano operai metalmeccanici, con tanto di berrettini e tute blu) entrano in azione per sgominare una banda di terroristi che aveva messo nel mirino le politiche della Hope; la multinazionale che, scopriremo nel corso del film, ha creato un virus da laboratorio in una centrale localizzata nella Nuova Guinea, poi sfuggito al controllo, da diffondere nei paesi sottosviluppati, per trasformare gli uomini in zombie e farli eliminare vicendevolmente, al fine da risolvere il problema del sovrappopolamento della terra (!). I quattro mercenari si troveranno poi in Africa per indagare e non si sa bene quanto siano informati sulle cosa: scopriranno solo sul posto l'esistenza degli zombie.
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| I quattro metalmeccanici armati... | 
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| Tecnici all'opera nella centrale | 
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| E' avanzato da Rats | 
E proprio nella location esotica avremo modo di ammirare il vero mattatore di "
Virus", l'attore 
Franco Garofalo, che interpreta 
Santoro, uno dei quattro mercenari. Epiche le due scene in cui, con toni volutamente sopra le righe, si getta tra le braccia degli zombie per insultarli pesantemente ("
Siete un esercito di stronzi") e sfidarli, una volta armato di fucile, la seconda con in mano una fiaccola, uscendone ovviamente indenne. Degna di nota è anche la scena del bambino zombie (la cui recitazione non è affatto male, a dimostrazione di un impegno un po' carente invece in alcuni dei suoi colleghi di set...) e quella in cui i mercenari, la giornalista Lia e il suo operatore Pierre si ritrovano in una villa abbandonata, luogo in cui saranno assediati dagli zombie (l'unica parte effettivamente "
survival" di questo film horror). Le note positive non si fermano qui: 
lo splatter artigianale è ben curato, Mattei preme forte il pedale dell'acceleratore del gore, con sangue a fiumi, svisceramenti, sbulbamenti e morsi che staccano dita.
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| Santoro show! | 
Veniamo però ora alle note negative. La parte centrale del film è un mattone difficile da digerire, specie quando ci cimentiamo con la seconda o terza visione di "
Virus": il nudo quasi integrale di 
Margit Evelyn Newton (Lia), che si "traveste" (o meglio si sveste) da indigena per fare strada al gruppo, al cospetto di una tribù, non aiuta a sopportare un blocco piuttosto lungo nel quale Mattei inserisce scene prelevate da documentari sui popoli africani (e la tribù diventano più tribù, stranamente..). Non si tratta quindi di scene girate da Mattei, ma di stralci di veri documentari acquistati dalla produzione (e la cosa è visibile chiaramente). Assistiamo così a un bizzarro rito di imbalsamazione di un uomo tozzo e nudo, dal vistoso pene enorme e posticcio, a svisceramenti di animali e a strani banchetti. Il tutto però rallenta terribilmente il ritmo di una pellicola nella quale gli zombie non sono già di loro dei fulmini di guerra (e un film di zombie senza ritmo è purtroppo un brutto film). A ciò si aggiungono dialoghi banali con un paio di battute sessiste, una colonna sonora difficilmente digeribile (tra ritmi elettronici riciclati da altri film e tribali, quest'ultimi ripetuti all'inverosimile), attori dalla recitazione goffa e sopra le righe (gigantesco Garofalo, ma certe facce della Newton sono da annali dei film brutti) e soprattutto una sceneggiatura piuttosto confusa: come fa il virus a uscire dall'Africa? Perché i mercenari capiscono subito che gli zombie devono essere colpiti in testa, eppure continuano a perdere tempo sparando raffiche di mitra sul torace dei loro assalitori? Perché i protagonisti in certe scene invece di darsi alla fuga subito, considerata la lentezza degli zombie, rimangono imbambolati? Interrogativi che forse il regista sperava di nascondere sotto litri di emoglobina.
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| L'imbalsamato | 
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| Il travestimento (perfetto) di Lia | 
Anche il make up degli zombie lascia perplessi. In alcuni casi (il prete della missione, il "vecchietto" del finale) non sembrano zombie, ma altre creature; in altri hanno invece semplicemente la pelle verde, come una bella ragazza castana, che spunta tra gli assalitori nella villa in Nuova Guinea e che suscita ben poca paura, anche perché l'espressione del volto non è certamente quella di una creatura assetata di sangue.
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| Vi sembra uno zombie? | 
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| A me fa tutto tranne che paura! | 
 
Questa cosa della esasperante lentezza degli zombie è rilevabile, purtroppo, anche in robe analoghe di immenso successo, tipo The walking dead, dove qualsiasi persona non priva di senno, alla fine parteggia per questi poveracci morti viventi che si agitano in un esasperante ralenty stile Gimenez quando deve girarsi in area.. ;)
RispondiEliminaahah gli zombie moderni ora sono al contrario un po' troppo dinamici. Ecco, quelli di una volta sono gli Gimenez, quelli di oggi i Musah, ahah
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