La mia generazione ha perso: l'analisi del disco cult di Giorgio Gaber


Uscito nel 2001, "La mia generazione ha perso" di Giorgio Gaber è un album dalla grande forza espressiva e letteraria - chiosa di un'ampia produzione cantautoriale del vecchio millennio - con canzoni ancora di straordinaria attualità, nelle quali Gaber mette a nudo il malcostume della società e della politica, ma soprattutto esprime fiera malinconia per il periodo delle lotte ideologiche e per una generazione che sapeva scendere in piazza e gridare con forza le proprie ragioni. Tuttavia è una generazione che ha perso, come recita Gaber ne "La mia razza in estinzione". Ha perso per colpe proprie, per essersi imborghesita, accontentandosi di un apparente benessere, adeguandosi al conformismo.

Dieci anni prima Fabrizio De André aveva sviluppato lo stesso tema ed era giunto alla stessa conclusione ne "La domenica delle salme", a chiosa di un lungo percorso personale in versi e in musica. Il coro di vibrante protesta, contro le storture della società, alla fine della canzone, è solo un canto di grilli: non c'è più "nessuno che si incazza", citando il Gaber de "La mia razza in estinzione". De André cantava: "la domenica delle salme gli addetti alla nostalgia accompagnarono tra i flauti il cadavere di Utopia". Quell'utopia che aveva ispirato i moti sessantottini, l'immaginazione al potere, quella volontà di rompere gli schemi precostituiti e imposti della società e soprattutto di ridurre le diseguaglianze create da quella società. Un'utopia, morta e seppellita. Come il volo del gabbiano nella gaberiana "Qualcuno era comunista", traccia conclusiva de "La mia generazione ha perso". C'era chi apparteneva "a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita", ma "molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare". Dal sogno del volo all'inserimento in una società consumistica, materialistica e che uniforma; l'uomo inserito che "attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana", vivendo in quel tipo di società, e "il sogno si è rattrappito", d'altra parte l'utopia era definitivamente morta e seppellita.

"La mia generazione ha perso" è un disco nichilista, di una potenza fragorosa, passata inosservata. Parliamo di Giorgio Gaber, l'uomo che nel 1980, in "Io se fossi Dio", realizzò la più grande invettiva in musica mai realizzata prima, attaccando tutti i partiti politici, anche quelli di governo, "smitizzando" Aldo Moro, ma puntando il dito anche sulla società, sulla mediocrità del piccolo borghese ("misero e meschino"), altresì sul giornalismo e sulla magistratura (in questo caso nella versione alternativa di questo brano, presentata negli anni '90).

E Gaber si scaglia con forza, contro la falsa solidarietà e il buonismo forzato. "Il potere dei più buoni" è una canzone da maneggiare con cura, in quanto può essere strumentalizzata per i suoi versi "Perché il mio motto è l'accoglienza. Penso al problema degli albanesi dei marocchini, dei senegalesi. Bisogna dare appartamenti ai clandestini e anche ai parenti. E per gli zingari degli albergoni coi frigobar e le televisioni". Nel prendere in giro questo approccio alla materia immigrazione, Gaber non dice di mettere muri e non curarsi del prossimo, non abbraccia il credo di una fazione politica oggi molto in voga, ma la sua è un'accusa per chi cavalca, per scopi elettorali, queste tematiche. Bollare "La mia generazione ho perso" come un disco di destra, significa aver capito poco della poetica di Gaber. D'altro canto il cantautore si scaglia, con forza, anche contro la Chiesa più conservatrice e soprattutto con la Chiesa che fa politica, con il verso "E vedo anche una Chiesa che incalza più che mai Io vorrei che sprofondasse con tutti i Papi e i Giubilei" (infatti è UNA Chiesa, non LA Chiesa). 

Gaber, ne "Il potere dei più buoni", non attacca gli ambientalisti e le loro battaglie, ma gli eccessi, e i politici che appunto cavalcano questi temi. Perché la classe politica mira a cercare visibilità: "E' bello sentirsi buoni usando i soldi degli italiani". Alla politica servono posizioni equilibrate e interventi ragionati, mentre la politica, che sia di destra, di sinistra e di centro, parla troppo di pancia e alla pancia degli italiani. Italiani che non sono affatto risparmiati dalle invettive di Gaber: "Si può", versione aggiornata del brano di metà anni '70, prende in giro tutte le nuove mode e i modelli imposti dalla televisione, la finta libertà dell'uomo moderno che può far tutto, ma che ha perso la capacità di pensare con la propria testa. "Il conformista" è a sua volta un uomo che salta da un'ideologia all'altra a seconda del momento. "L'obeso", dove l'obesità è figurata, non quella fisica, è l'uomo moderno, l'italiano "americanizzato" che fagocita tutto, "idee, opinioni, computer, cellulari, dibattiti, canzoni, riforme, il sogno dell'Europa, le riforme, i parlamenti, film d'azione, libri d'arte". 

E tornando alla dicotomia tra "Destra-Sinistra", nella celebre canzone che Gaber presentò in diretta televisiva su Rai 1, in un programma di Adriano Celentano, essa si snoda tra luoghi comuni e modi di fare, tra "etichette" in pratica, colmando il sopraggiunto vuoto ideologico dei due movimenti di pensiero politico.

"Destra-Sinistra" è la canzone più nota di questo disco capolavoro, che difetta a mio parere,  sostanzialmente, per un solo errore concettuale:  la collocazione della canzone "Verso il terzo millennio" come seconda traccia dell'album, quando è invece, a mio modo di vedere, l'ideale conclusione della "track-list". In questo brano Gaber parla con se stesso, con quel se stesso che ha scritto le canzoni de "La mia generazione ha perso". "Tutto è osceno", tutti gli individui si sono adeguati a un conformismo che piega pericolosamente verso il basso. Ma non è così, è il monito dell'altro "Signor G.": "Sta sprofondando il mondo. Ma io ti voglio dire che non è mai finita, che tutto quel che accade fa parte della vita".

Gaber non si pone a giudice supremo, già negli anni '80 si è reso conto "di non essere Dio" e nei suoi versi sprezzanti, nell'analisi impietosa della nostra società, c'è anche molta autocritica.  Non è un "nostalgista" dei tempi passati, consapevole che prima non si stava meglio. Gaber richiama così l'uomo a riscoprire il senso dell'appartenenza ("Canzone dell'appartenenza"), a essere solidali con il prossimo, ma in modo sincero, ed esalta il ruolo dell'amore.

Perché in tempi di crisi, l'amore è un rifugio sicuro: "La vita è piena di ingiustizie e di soprusi veri", canta Gaber nel brano "Un uomo e una donna"; infatti l'amore è un punto di ripartenza, una rinascita, che permette di "riparlare del mondo non più come condanna, ma cominciando da noi, un uomo e una donna". 

Ecco perché, "nonostante il mondo stia sprofondando", ci sarà sempre una luce che illuminerà il cammino, a infondere ottimismo. Perché ci sarà sempre una rinascita, quando sarà l'amore, il vero amore, a guidare le azioni dell'uomo e della donna.

Riscoprire l'amore è la salvezza, anche nella più rovinosa delle sconfitte. "Ama il prossimo tuo come te stesso", recita d'altra parte il comandamento più importante della religione cristiana. 

Commenti

  1. Un'accorata analisi piena di presa di coscienza e permeata, soprattutto, di una splendida speranza vestita di amore e comprensione. Quello che mi fa dire - oltre il delicato encomio per una meravigliosa figura come quella di Gaber - che ci sono ancora persone come te che rappresentano la vittoria, per ogni generazione. E per fortuna non sono poche. Grazie Riky.
    Non cambiare mai. Perché tu sei di quelli che devono far cambiare gli altri, semmai.

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    1. Ti ringrazio, ma ti dico la verità, sinceramente: mi sento parte di una generazione che si è trovata in una via di mezzo, in un momento di cambiamento diverso da quello ad esempio dei moti sessantottini.
      E' una generazione spaesata, anche se è stata forse "ponte" per una nuova generazione migliore, nei suoi esponenti migliori.

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  2. Per quanto la musica sia un ottimo mezzo di propaganda, non ho mai amato le canzoni a sfondo politico.
    Per me la musica è svago, distensione. Ecco perché non voglio pensare ai problemi che affliggono il (mio) mondo.

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    1. Diciamo che non è canzone a sfondo politico: è canzone di critica, alla politica, come nella vera tradizione del cantautorato italiano.
      Ci sta la musica di svago, ma, personalmente, anche questo tipo di musica che mi arricchisce :)

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  3. Giorgio Gaber decreta la morte della politica e passa la sera scopando Carmela. Corre l'anno 1972.

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  4. Disco straordinario ( io ce l'ho!!!) e la canzone "Verso il terzo millennio" la trovo assolutamente attuale. Peccato io non sia così ottimista come Gaber nel finale del brano sempre che poi sia un finale ottimista perchè lascia pensare che anche l'estinzione dell'uomo farebbe parte della vita. E questo, se sei di parte, ossia sei l'uomo non è proprio bello...

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    1. Oddio, non credo l'estinzione dell'uomo: fa parte del ciclo della vita la morte di ognuno di noi, del singolo essere umano.
      Ma l'uomo non sparirà mai, come razza.

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  5. Le opere di Gaber sono spesso molto critiche ed analitiche. Come Claudia preferisco una musica più distensiva, non ho voglia di ritrovare la società e le sue manchevolezze anche nella canzone. Mio limite, ovviamente ;)

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    1. Devo dire la verità, nel 2001 questo disco me lo sono cucito addosso. Ero tra i 17 e i 18 anni, in una fase nuova della mia vita, in un momento in cui mi rifugiavo nella musica d'autore.

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  6. Questa tua analisi mi ha portata a farne un altra su Claudio Lolli, un canto contro ‘il grande freddo’: “La mia generazione ha vinto”

    -E quanto amore sprecato negli autobus,
    tra gente che potrebbe volersi bene,
    perché siamo tutti umani e mortali
    nella natura e nelle sue catene...-


    Ma...
    -Ho visto anche degli zingari felici

    -E' vero che dalle finestre
    Non riusciamo a vedere la luce
    Perché la notte vince sempre sul giorno
    E la notte sangue non ne produce,
    È vero che la nostra aria
    Diventa sempre più ragazzina
    E si fa correre dietro
    Lungo le strade senza uscita,
    È vero che non riusciamo a parlare
    E che parliamo sempre troppo.
    E' vero che sputiamo per terra
    Quando vediamo passare un gobbo,
    Un tredici o un ubriaco
    O quando non vogliamo incrinare
    Il meraviglioso equilibrio
    Di un'obesità senza fine,
    Di una felicità senza peso.
    E' vero che non vogliamo pagare
    La colpa di non avere colpe
    E che preferiamo morire
    Piuttosto che abbassare la faccia, è vero
    Cerchiamo l'amore sempre
    Nelle braccia sbagliate.
    E' vero che non vogliamo cambiare
    Il nostro inverno in estate,
    È vero che i poeti ci fanno paura
    Perché i poeti accarezzano troppo le gobbe,
    Amano l'odore delle armi
    E odiano la fine della giornata.
    Perché i poeti aprono sempre la loro finestra
    Anche se noi diciamo che è
    Una finestra sbagliata.
    E' vero che non ci capiamo,
    Che non parliamo mai
    In due la stessa lingua,
    E abbiamo paura del buio e anche della luce, è vero
    Che abbiamo tanto da fare
    E non facciamo mai niente.
    E' vero che spesso la strada ci sembra un inferno
    E una voce in cui non riusciamo a stare insieme,
    Dove non riconosciamo mai i nostri fratelli,
    È vero che beviamo il sangue dei nostri padri,
    Che odiamo tutte le nostre donne
    E tutti i nostri amici.
    Ma ho visto anche degli zingari felici
    Corrersi dietro, far l'amore
    E rotolarsi per terra,
    Ho visto anche degli zingari felici
    In Piazza Maggiore
    Ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.
    Ma ho visto anche degli zingari felici-

    Ebbene si ...questo non è un gioco del "trova le differenze"!
    Piuttosto è una "realtà alla domanda :li vedi i punti in comune?".Trovateli...troviamoli.Non si parla di politica e di divisioni tra partiti ,bisogna andare oltre e scavare più in profondità
    E perché no ...anche questo è test-amento (prova di certezza di quanto i **fiori esistano in ogni parte).Grandi cantautori e comunicatori che rivelano essenza attraverso la musica e ci conducono in quella direzione ...l'unica.La via dell'amore.

    Grazie a te Riky


    L.


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    1. Ciao cara,
      mi hai citato spesso Lolli..un cantautore che conoscevo solo di nome. Ieri ho ascoltato bene questa splendida canzone..
      ti posso dire che la canzone di Lolli richiama proprio quel fervore che Gaber rimpiange...
      Quell'essere uniti in modo solidale...
      I poeti fanno paura, sì, perché hanno un occhio che scorge cose nascoste alla vista delle persone "normali".

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    2. Non ricordo onestamente quando ti ho citato di Lolli ma ricordo il momento esatto in cui sono entrata in connessione con questo grande poeta e cantautore attraverso una persona cara ,Nico ....altra piacevole connessione .Spero che un giorno lui possa leggere questo tuo post .

      Ringrazio


      L.

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    3. E' una canzone che mi avevi già citato...adesso me la sono goduta pienamente.
      Quanto mi piace, quel fervore che c'era in quegli anni...
      A prescindere dalle ideologie, dalle violenze, dalla corruzione (segno che non si stava meglio prima, anzi prima per molti versi la situazione era anche peggiore di ora): però quanta ricchezza, tra arte, musica, letteratura, cinema.

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    4. -E' una canzone che mi avevi già citato...adesso me la sono goduta pienamente.

      Oddio Rikyyyyyy:)

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    5. Sì, davvero, mi piace molto. Il testo, la musica. E' un esempio di cantautorato che piace a me. E si riconduce perfettamente al mio "percorso" di studio

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    6. Non so davvero come ringraziare Linda per avermi portato qui da te caro Riky! Il modo in cui Linda si è avvicinata a me è stato molto bello, in punta di piedi, cercando di capire come sono fatto e riuscendoci in pieno! Per me Lolli è stato allo stesso tempo un amico e un padre, oltre che un maestro di vita, e non è un caso che nel mio blog io ne abbia parlato tanto, dedicandogli tanti post, fra cui anche questo qui (http://nicochillemi.blogspot.com/2018/08/ciao-professor-claudio-lolli.html) quando ci ha lasciato. Prima del Covid scrivevo molto di più in questo luogo che sento un po’ casa mia, e un po’ mi manca, per cui quando ho l’occasione di leggere qualche post bello come questo tuo, anche grazie a qualcuno come la cara Linda, mi fa veramente piacere. La voglia di tornare a scrivere c’è sempre. Intanto inizio a seguirti e rifletto un po’ su questo bel post è te lo commenterò in questi giorni. Nel frattempo ti anticipo che anche io scrissi nel 2010 un post intitolato appunto “Qualcuno era comunista”. Un abbraccio a te e Linda!

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    7. Grazie mille Nico! Ti risponderò al meglio alla mail che mi hai mandato, intanto grazie di cuore per il tuo intervento e per aver letto.

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