Hatching La forma del male: l'horror scandinavo dall'atmosfera raggelante (di Bonigol)


di Bonigol

Il cinema scandinavo negli ultimi anni ha sfornato, con frequenza e qualità sempre crescenti, perle horror che vanno ben oltre la ricerca dello spavento, la caratterizzazione di un "mostro" o il disagio del truculento. La regista finlandese Hanna Bergholm, mettendo insieme questi elementi e saldandoli con quanto di più raccapricciante si nasconda dietro le apparenze di una "normale" famiglia modello, ci propone Hatching - La Forma del Male. 

Hatching è un horror dall'atmosfera raggelante, capace di mettere "sulle spine" lo spettatore con la sensazione costante di un male che incombe, nascosto dietro una poco rassicurante calma piatta. Per rendere l'idea, ci si sente un po' come in Coraline e la Porta Magica, nel mondo oltre il muro, quando la bambina si trova di fronte l'inquietante e serafica "altra mamma".

Al centro della storia narrata c'è Tinja, bambina in fase pre-adolescenziale che porta avanti, passivamente, un conflitto con la madre, ex stella del pattinaggio e attualmente influencer. Ogni sua premura o manifestazione di affetto verso Tinja, il marito o il figlio minore è, infatti, finalizzata al compiacimento dei suoi followers e all'ostentamento di una felicità totalmente finta con la quale si pavoneggia sorridendo davanti a smartphone e webcam. Tinja è alle prese con la difficile fase dello sviluppo fisico, incapace di ribellarsi alla narcisistica ossessione della madre ma ingenua al punto da credere davvero che ci sia armonia  dentro la "bolla" della famigliola felice creata da sua madre. S'impegna, nonostante la goffaggine, spingendosi oltre i limiti e mettendo a rischio la propria incolumità per ricevere un elogio o una semplice smorfia di approvazione. La donna, come un aguzzino, la sprona (con un subdolo sorriso sulle labbra) ad imporsi nella squadra di ginnastica artistica, pregustando i (comunque improbabili) successi sportivi della bambina, grande occasione per gonfiare il proprio petto di vanto sul web. È a questo punto che il castello di menzogne, da lei messo in piedi, comincia a scricchiolare. In pieno pomeriggio un corvo nero irrompe nell'ordine di un soggiorno arredato con meticolosità, illuminato alla perfezione e pronto per far da cornice all'ennesimo selfie di famiglia. 

È la metafora di un grande cambiamento. Cadono i soprammobili di cristallo e insieme con essi crollano le certezze di Tinja che, sconvolta dalla reazione della madre ai numerosi danni fatti dal volatile, inizia a covare ("hatching" significa letteralmente schiudendosi) un rancore latente. La regista decide di materializzare questo sentimento rappresentandone visivamente la crescita. C'è davvero un uovo che, inverosimilmente, aumenta di volume, gonfiandosi come una torta lievitata. C'è perfino il "mostro" che prende forma al suo interno: l'io irrazionale della bambina che rivendica affetto e brama vendetta. La psicologia di questo film è ben più profonda di quanto possa sembrare e non ci si deve fermare alle apparenze. 

Non è semplicemente un horror surreale. Una donna partorisce una figlia ma a sua volta l'educazione che  le impartisce con bastone e carota (in questo caso a suon di rimproveri e vessazioni alternate a debole sostegno) crea, plasma, dà forma al carattere, la forma del male (come recita il titoletto che nella versione italiana, spesso, segue quello originale). L'allegoria s'impossessa degli eventi e mentre i nodi vengono al pettine, cresce, contamina, prevale, sempre più fuori controllo. 

È un film difficile da recensire senza svelare troppi dettagli; è la trasposizione di un plagio, un tradimento, una ribellione, un grido interiore, la parte peggiore di noi che viene alla luce. 

Tecnicamente qualcuno (non io) potrebbe storcere il naso per la scelta degli effetti speciali. Ho trovato interessante l'utilizzo di vecchie tecniche (lattice e mastice) per dar forma alla "creatura" e non mancano scene dal forte "disturbing" (le definirei sgradevoli) utili a far capire il simbiotico (seppur contrastato) legame costantemente in cerca di equilibrio tra Tinja ed essa.

Attraverso sequenze altamente orrorifiche  si articola una storia che è una grande critica, non ai social ma all'importanza che diamo loro come strumento per apparire, anteponendo l'immagine di noi stessi agli affetti più cari (interessante concetto secondo il quale consideriamo amici e parenti al pari di gioielli con i quali cerchiamo di abbellirci nelle storie condivise) ma, quel che è peggio (e qui il concetto si fa più banale), rinunciando a vivere, recitando una parte a beneficio del pubblico. Da appassionato del genere, sono rimasto molto colpito da questa visione. Non credo che Hatching sia per tutti, del resto già l'horror in generale è per pochi, tuttavia, a differenza di molti altri film, una volta colta la sua essenza, la storia di Tinja e del suo rancore, non vi lascerà indifferenti.



Commenti

  1. L'horror è soltanto il contenitore del disastro psicologico causato dall'educazione sbagliata, che metaforicamente genera un mostro. Insomma, una fiaba in nero.

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    1. Esattamente. Un'educazione sbagliata genera sempre dei mostri, purtroppo

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  2. A me gli effetti speciali sono piaciuti tantissimo, perché rendono il disgusto della trasformazione e della presa di coscienza ancora più orribile. Gran bel film, ingiustamente sottovalutato.

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    1. Io questo film non l'ho visto. Ma la recensione (audio ancor prima che questa scritta) di Bonigol mi ha davvero trasmesso l'idea di un film fantastico, del quale apprezzo soprattutto il messaggio. Quando il cinema horror si esprime così, è un cinema horror di alto livello

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