Felicità, la recensione del film: il rapporto genitori-figli raccontato nella Roma di periferia (di Bonigol)


Di Bonigol

Per guidare l'automobile è necessario essere valutati e ottenere la patente. Qualsiasi diploma o laurea viene assegnato dopo il responso di una commissione scolastica. Sul lavoro si viene rimproverati per negligenza o encomiati per efficienza. E per diventare genitori? Come si può determinare l'idoneità di un padre e di una madre? 

Nessun figlio sceglie di venire al mondo essendo solo il passivo frutto di un'unione (non sempre d'amore). Tuttavia il genitore è l'unica luce che indica la rotta nei primi anni di vita. Quel che dicono un padre e una madre è verità assoluta per un bambino (che sia la Fata dei denti da latte o Babbo Natale) e se essi smarriscono la strada anche il bambino si perde e rischia di non trovare più se stesso in quel sentiero di crescita interrotto, cosa che si ripercuoterà inevitabilmente nell'età adulta. Il rapporto genitori-figli all'interno di una famiglia disfunzionale è il tema di Felicità, dramma che segna l'esordio alla regia per Micaela Ramazzotti. 

Protagonista del film è la stessa Ramazzotti che interpreta Desirè, donna di mezza età con bassissima autostima e un passato burrascoso alle spalle. La sua vita deragliata sembra finalmente essere rientrata nel giusto binario. Lavora nel mondo del cinema come parrucchiera e vive una relazione stabile con un professore universitario (Sergio Rubini) più grande di lei. 

Sulle sue spalle però grava la situazione del fratello Claudio, trentenne e disoccupato, dal carattere fragile e remissivo, che viene continuamente ripreso e tacciato di inettitudine dai genitori (Max Tortora e Anna Galliena), sempre pronti ad additare, mentire e instillare sensi di colpa nella prole per ottenere soldi, rispetto e (quando fa loro comodo) commiserazione. 

I due fratelli (molto legati fra loro) sono totalmente incapaci di ribellarsi a Max, padre intransigente, razzista, omofobo e manipolatore (sempre spalleggiato dalla moglie) e si  lasciano "torturare psicologicamente" fino a smarrire equilibrio e certezze. Desirè annaffia le proprie ansie nel vino (troppo) mentre Claudio ha perso fiducia in se stesso e si considera un fallito. Lei fa da chioccia al fratello mettendo in gioco la propria vita stabile, il suo tempo e il denaro risparmiato in anni di duro lavoro. Resta sempre teso quel cordone ombelicale con la famiglia che disarma i due fratelli, totalmente incapaci di cogliere i demeriti di chi li ha cresciuti. 

Felicità, in contrasto col titolo, è un film di amara sofferenza che parla delle conseguenze psicologiche di un certo tipo di educazione subita. 

Alla vicenda fa da cornice una Roma periferica e trasandata nella quale si alternano salotti borghesi (dove si parla di arte e letteratura stringendo calici di vino tra le dita) e palazzoni decadenti.

La Ramazzotti si affida a un cavallo di battaglia interpretando una donna apparentemente svampita e arrendevole ma in concreto onesta, sincera e determinata nel proteggere chi ama. Il padre di Desirè (interpretato da un bravo Max Tortora) è un arrivista senza scrupoli bugiardo e sconsiderato. Parla di immigrati e omosessuali utilizzando gli slogan più abietti e sa sempre rifugiarsi in "clinch" (se attaccato) con sgradevole vittimismo. Molto realistici (a tal proposito) gli scontri verbali (anche a distanza) tra lui e il letterato fidanzato di Desirè. 

Ben costruito anche il personaggio (irritante) di Anna Galliena, donna vecchio stile convinta di "salvare il mondo" cucinando. Una famiglia che (soprav)vive dell'affetto unilaterale provato da figli pieni di complessi e sensi di colpa. Difficile recidere le radici e saper proteggere la propria vita dalla linfa velenosa del passato. Felicità è un obiettivo che diviene utopia quando un danno irreversibile contribuisce a forgiarci. Le radici ricrescono sempre se non vengono estirpate. 

Un uomo e una donna, da giovani, possono decidere in qualunque momento di mettere al mondo un bambino, niente e nessuno può impedirglielo, così come nessuno può (salvo gravi casi di incuria o maltrattamento fisico) interferire con il loro modo di educare. Ottimo argomento per un film ben riuscito. La Felicità non è equidistante poiché le strade per raggiungerla sono molto diverse, rettilinei e discese per alcuni e tornanti in salita per altri, ma a prescindere dal passato e dai danni che ne conseguono ognuno ha diritto di sognarla e inseguirla.

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