Gli indimenticabili: Fabrizio De André, genio controcorrente contro se stesso (di Claudio D'Aleo)


Di Claudio D'Aleo

A 25 anni dalla sua morte ci è impossibile non ricordare un grande della nostra cultura musicale e in senso lato.

Fabrizio De Andrè, come Giorgio Gaber, Rino Gaetano, Enzo Jannacci ha lasciato un’impronta profonda e indelebile sul tessuto poetico, romantico, musicale e culturale del nostro bel Paese.

Non può essere dimenticato.

Senza memoria storica e condottieri da ricordare i popoli non crescono.

De Andrè fu fulcro basilare della nostra canzone e della grande Scuola genovese del XX secolo di cui fecero parte, tra gli altri, anche Bruno Lauzi, Gino Paoli, Luigi Tenco.

Poeta schivo, ribelle; pessimista ma anche cantautore degli ultimi, anarchico per antonomasia, genio e sregolatezza, non fu mai in pace con il mondo intero e con se stesso nutrendo di questi contrasti profondi e interiori tutta la sua vita.

Ha sempre lottato contro ogni ipocrisia e perbenismo politico borghese specie se proveniente da quei salotti a lui indigesti in quanto considerati inutili per la gente che soffre e profondamente diseducativi per le generazioni a venire.

La sua poetica nasce dalla sofferenza “ponderata” come motivo di crescita interiore e riflessione, dalla ribellione verso tutti quegli schemi ritenuti poco costruttivi per la povera gente, gabbie ideologiche d’ogni pensiero libero e condiviso, canoni imposti da un perbenismo di facciata contro cui lui ha sempre lottato fino alla fine dei suoi giorni riuscendo ad inimicarsi tutto e tutti, pure la famiglia con cui non ebbe mai un buon rapporto.

Il confronto con se stesso tra i confronti più difficili e serrati.

65 milioni di dischi non si vendono per caso. 

E’ stato uno dei più grandi cantautori del 900. 

A differenza di Giorgio Gaber, Rino Gaetano e per certi versi Enzo Jannacci ha fatto della lotta a favore della povera gente e dei meno fortunati il suo cavallo di battaglia “tematico” e “personale” partendo da analisi singole dei singoli individui in difficoltà e presupposti politici, contestuali e sociologici diversi, da quel marcato pessimismo e da quella profonda estremizzazione del suo credo politico che lo hanno reso inviso a tutti i salotti politici, “perbenisti” e borghesi d’allora da sempre poco avvezzi a messaggi ritenuti troppo profondi, collettivi e generalmente “poco apprezzabili” perchè in aperto contrasto col comune, generale ed egoistico modo di vivere e di pensare di quel tempo e dunque da evitare.

La sua vicinanza agli ultimi lo ha reso amato e temuto, tanto quanto il suo carattere burbero, spigoloso e perennemente incavolato. 

La “canzone di Marinella “ e “bocca di rosa” tra  i vessilli principali del suo pensiero libero e delle sue ineccepibili lotte sociali a tutela degli esclusi. 

Amante del pensiero solitario, filosofo irruento, nemico del “gregge” e controcorrente fino al midollo stimava Gesù non tanto per doveri ideologici verso una religione a lui lontana, ma perché vedeva in Gesù il primo ribelle della nostra storia, il primo cui ispirarsi per le sue celebri lotte ideologiche e politiche.

Fu pittore indiscusso degli esclusi e della sua profonda tristezza, osservatore tra i più attenti del suo e del nostro tempo.

Cibo indispensabile per le nostre menti.


Commenti

  1. La sua voce calda e avvolgente ci ha lasciato versi indimenticabili, patrimonio di tutti.

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    1. Verissimo, patrimonio di tutti, ed è un valore significativo in un'epoca in cui tutto viene diviso in bianco e nero

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    1. Per fortuna attecchiscono anche nelle giovani generazioni e questo mi rende felicissimo

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  3. Questa sera su sky arte il servizio su F.d.A.

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  4. Mamma mia, sono già passati 25 anni? È come fosse mancato ieri... Dimenticare Faber è come dimenticare la nostra storia musicale. ❤️👋

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