Il professore chiese una data al mio amico e compagno di banco Tommy.
Erano i tempi della "golden age", i tre anni della scuola media.
Metà anni '90, l'esplosione definitiva della cultura pop.
Gli 883, il Karaoke di Fiorello, i Power Rangers, le splendide maglie da calcio e i numeri personalizzati. E tanto altro.
Fui io, sottovoce, a suggerire a Tommy quella data.
Tommy la ripeté con una certa sicurezza. Troppa sicurezza.
Il professore accennò un sorriso. "Ne sei proprio sicuro?"
"Sì sì", dissi sottovoce a Tommy.
"Sì sì", ribatté Tommy.
"Sei sicuro sicuro?"
"Sì sì", ma questa volta Tommy era molto meno convinto nella risposta.
"Sei proprio sicuro, sicuro, sicuro?", disse platealmente il professore, con quel tono di voce che Tommy imitava spesso, facendomi fare delle grasse risate.
"No", fu la risposta di Tommy, nonostante i miei tentativi di convincerlo che fosse la risposta corretta.
"E invece sì: Giannini aveva ragione!" e un sorriso solcò il volto del professore.
Quel professore si chiamava Ambrogio Lizambri.
In quell'occasione sicuramente non pensò alla risposta sbagliata, infatti non fece alcun rimprovero. Non pensò a Tommy come un allievo impreparato, ma a me e a lui come due "macchiette", due amici che avrebbero conservato quell'aneddoto per anni. Sono sicuro che sia stato il suo modo, particolare e sopra le righe, di benedire la nostra amicizia, molto più importante di qualsiasi nozione scolastica.
Lizambri era un professore molto chiacchierato, anche troppo, mi viene da pensare oggi.
È vero, non insegnò tanto, forse nulla dal punto di vista nozionistico, ma in fondo la scuola media è una scuola di transizione: c'è chi avrebbe proseguito gli studi (ripartendo in sostanza da zero, lingua straniera a parte) e c'è chi li avrebbe proseguiti.
Ma quel periodo di vita, l'adolescenza, era fondamentale per la crescita di noi ragazzi. E lui ci insegnò tanto dal punto di vista umano. Lo temevamo, ma alla fine ci voleva bene e si faceva voler bene, a suo modo.
Non faceva nulla ad esempio per dissimulare certi suoi atteggiamenti teatrali, il tono di voce particolare, sapendo benissimo che sarebbe stato bersaglio di imitazioni.
Per lui era giusto così, perché aveva un atteggiamento non irrispettoso, ma dissacrante verso le istituzioni. E riteneva giusto, in fondo, che gli studenti prendessero per il culo il proprio professore. Anche lui era stato un studente e chissà quanti ne aveva presi per il culo.
Lizambri voleva bene a tutti i suoi alunni, dal primo all'ultimo, e questo era un valore aggiunto.
Lizambri mi voleva bene.
Apprezzava il mio lavoro, certamente, ma sapeva anche quanto tenessi al riconoscimento dei miei sforzi. E allora il voto A si trasformava, sul foglio a protocollo del compito in classe, in un A LE' OH-OH, con tanto di disegno della coppa.
Mi stuzzicava, il professore, ma solo sul calcio: come quando rivolgendomi lo sguardo (era inizio anno scolastico e indossavo la maglia del Milan) disse che nelle lezioni inerenti il giornalismo "non avremmo parlato della sconfitta del Milan a Genova con la Sampdoria". Però quando i rossoneri sbancarono Trondheim in Champions League, elogiò platealmente Weah e Simone, i cannonieri rossoneri. Era juventino, ma sportivamente aveva applaudito alla vittoria del Milan.
Lizambri era così. Gli piaceva giocare. Era dissacrante, ribadisco, di fronte alle istituzioni. Ricordo bene che la preside fece una circolare, a fine anno scolastico, nel giugno 1997, con il divieto categorico per i professori di portare la propria classe fuori dall'aula, nell'ora di lezione, con l'intento di "spezzare" una consuetudine consolidata.
Lizambri, sempre con la solita teatralità, lesse a bassa voce la circolare. Poi ci guardò e disse "BENE, oggi andremo a vedere il crocifisso di Giotto a Talamello". Non ricordo bene, ma fu reperito in poco tempo lo scuolabus: partimmo destinazione Talamello.
"Ecco qua c'è la Chiesa con il crocifisso", disse Lizambri, una volta arrivati in piazza Garibaldi. Non ci entrammo. Il professore si sposto velocemente verso il bar: "Volete un gelato?".
Offrì il gelato a tutta la classe e iniziò un torneo a biliardino.
Teatrale, plateale, anche in una sfida al biliardino.
Teatrale, plateale, come il giorno in cui cacciò la professoressa di religione dall'aula audiovisivi durante la proiezione di Forrest Gump, film che lui non aveva mai visto: per questo accolse con grande favore l'idea della classe di vederlo tutti insieme.
Quella scena è nel ricordo di tutti e per quanto il professore fosse un tipo che non le mandava a dire, io sono convinto che interpretò volutamente una parte per farci fare delle grasse risate e magari anche vendicarci un po': tutti noi abbiamo pensato, da alunni, quanto sarebbe stato bello poter urlare in faccia a un professore che ci stava particolarmente antipatico (non è, nel mio caso, la professoressa di religione delle medie, vorrei precisare), zittirlo, costringerlo alla ritirata.
Lizambri aveva un suo forte senso di giustizia. La sua giustizia. Vero, magari imperfetta. Quella che aveva lo portava a reazioni di "pancia" davanti alle ingiustizie.
Non era un uomo al di sopra dell'errore e queste mie righe non vogliono essere la classica santificazione post-mortem.
Lizambri è stato un professore importante, nella mia formazione culturale. È stato uno dei primi pensatori che ho incontrato nella mia vita. Le sue lezioni sono stati il primo blog "non materiale" che ho frequentato, perché negli argomenti trattati, da Leopardi a Schopenhauer, c'era un filo conduttore, c'erano connessioni e soprattutto c'erano le sue passioni, che voleva condividere con i suoi giovani studenti: letteratura, poesia, filosofia e anche la settima arte, il cinema, per questo ogni settimana ci portava in sala audiovisivi. Il filo conduttore l'ho capito tanti anni dopo: la ricerca della bellezza.
Io gli sono grato: nelle sue lezioni ci ha fatto lavorare come giornalisti e recensori cinematografici, nel primo caso mi ha aperto la strada per la mia professione, nel secondo caso, possiamo dirlo, ha contribuito al mio percorso nel web e alla nascita dei miei blog.
Mi sarebbe piaciuto incontrare il professore oggi, parlare con lui. Avremmo avuto tante cose da dirci.
Oggi posso solo scrivere GRAZIE, professore, e affidare questo ringraziamento a una "rete" che inghiotte tutto, ma non cancella quella "bellezza" di cui Lizambri è stato un impareggiabile, anche se magari talvolta imperfetto, cacciatore.

Quel "dissacrare"era finalizzato a qualcosa che non rientrava nelle acquisizioni nozionistiche,abbracciava invece la vocazione e l'autenticità dei suoi alunni aiutandoli a far capire l'importanza e la realizzazione dei loro sogni e del valore in esso contenuo.Incoraggiava a credere nella bellezza .Tu allievo ieri e oggi esempio realizzato di maestro che fa altrettanto .
RispondiEliminaGRAZIE quindi anche a te ,che hai saputo cogliere l'importanza delle connessioni,della bellezza e dell'amore:)
Ieri allievo e oggi..ancora allievo, secondo me :)
EliminaGrazie a te per aver lasciato impressa la tua firma, qui, su questo post che per me conta tantissimo...
Ma che bel professore! Addirittura il voto personalizzato con coro e coppa 😂 Pensare che io alle medie ho avuto solo merde e bulli come insegnanti, tanto da farmi odiare studio e periodo scolastico. Da salvare giusto quello di arte che era una versione bella di Sgarbi (senza occhiali a fondo di bottiglia), con capello liscio moro e semi lungo. Forse è stato l'unico a capirmi.
RispondiEliminaMi hai ricordato quel breve esperimento di usare le lettere al posto dei numeri per i voti. Ricordo che i professori ci avevano fatto una "traduzione", per noi e per i nostri genitori. Però, grazie a quell'esperimento, quando guardavamo produzioni USA ambientate a scuola, capivamo il voto che davano agli studenti americani.
Io alle medie ho avuto un sacco di professori...cambiavano spesso. Di Arte ne abbiamo avuti due, una donna (Che prendevamo in giro per la sua parlata, non era del posto) e un ragazzo giovane, Simone, abbastanza austero, ma io con lui mi trovavo bene..
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