Acqua (di Bonigol)


di Bonigol

E dire che sei così bella quando la luce ti attraversa,

così seducente illuminata dal sole. 

Unica nostra alleata in estate

quando stemperi la nostra pelle

ed è così piacevolmente indispensabile farti scivolare giù per la trachea.

E noi poveri illusi che cerchiamo di controllarti, soffocarti sotto un tappo,

arginarti, conservarti,

perché sei preziosa, vitale, 

che senza te siamo nulla. 

Ma quando ti scateni, torbida di rabbia, diventi fredda, perfida e sei ovunque, 

in aria e al suolo.

Un'emorragia che si disperde tra le vene artificiali delle città.

Una forza distruttiva che puoi solo scansare

mentre vanifica sogni e fatiche.

Poi lasci la tua firma colorata e ti congedi

quasi dolcemente,

come l'ultima frase di un romanzo,

come un bacio della buona notte.

Tu sei noi e noi siamo te.

E se ti fai attendere

i colori sbiadiscono, 

la terra si spacca in cicatrici 

sollevando polvere e sabbia.

Ma quando poi torni, odiata e venerata, 

lavi via tutto 

nella tua ricerca di spazio 

e di un letto più grande. 

L'acqua che non vaga, muore.

Le pozzanghere riflettono il cielo ed è tutto così grigio, oggi, in Romagna. 

A volte c'è qualcosa che si perde per sempre e non si ritrova più.

Non ci sono anatroccoli che ripescano le nostre chiavi dal fossato. 

Smetterà di piovere ma di te avremo sempre bisogno.

Ristoraci e perdonaci, ma ora ti prego, riposati un po',

giusto il tempo di farci stendere ad asciugare le paure

per ricominciare, domani, ad amarti.

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