di Bonigol
Dopo la standing ovation ricevuta al termine della sua presentazione, all'ultimo festival di Cannes (2024), Emilia Pérez (diretto da Jacques Audiard) "sbarca" finalmente nelle sale italiane.
Nato inizialmente come progetto di opera lirica e ispirato (anche se non troppo da "vicino") al romanzo Écoute, scritto da Boris Razon, il film è stato poi plasmato fino ad assumere i connotati politematici di musical-gangster-drama-sentimentale.
Proprio il tema del "cambiamento" è al centro di questa vicenda che si sviluppa partendo dalle aule di tribunale di Città del Messico fino ad addentrarsi nello spietato mondo della malavita organizzata. Rita (Zoe Saldana) è una donna sola e disillusa che lavora come praticante in uno studio legale, sfruttata dal suo capo per la sua competenza lessicale e costretta ad avallare le bugie e i sotterfugi che egli mette in atto per vincere ogni causa.
L'occasione di liberarsi di una condizione sociale divenuta "claustrofobica" cambiando drasticamente vita le viene inaspettatamente offerta da Manitas Del Monte (Karla Sofia Gascón), uno spietato boss narcotrafficante che promette di renderla ricca sfondata se riuscirà ad aggirare per lui leggi e burocrazia convincendo un bravo chirurgo a realizzare il suo più grande desiderio: diventare donna.
Il film non si limita ad argomentare aspetti pratici e psicologici della metamorfosi fisica e chimica di un individuo ma approfondisce anche le dinamiche che lo portano a cambiare atteggiamento nei confronti del mondo, come se un nuovo corpo e un nuovo genere portassero con loro (inclusa nel "pacchetto") anche la mutazione dei sentimenti e con essa il desiderio di resettare, di cancellare gli errori commessi nel passato.
A differenza di molti film (come The Danish Girl) che hanno raccontato difficoltà e passaggi del cambio di genere, Emilia Pérez è un viaggio antropologico nel "dopo", quando, ormai riconosciuto il proprio corpo, la "farfalla" ricorda di quando era bruco e riesce a vedere con maggiore lucidità il suo percorso e ciò che è rimasto indietro.
È una storia intrisa di violenza, sebbene all'interno del film non sia quasi mai esplicita, ma è presente continuamente, nei cadaveri ritrovati, nelle madri dal cuore frantumato, nei mitra puntati, nella percezione di un pericolo costante in un paese, il Messico, sempre in cerca di serenità.
Emilia Pérez cerca una redenzione (tanto radicale quanto improbabile) non per se stessa ma per ciò che era quando il corpo di Manitas la teneva chiusa in trappola, per il dolore che ha causato quando anteponeva la propria ricchezza al valore della vita altrui.
Lo sviluppo di questo film brilla di un'originalità che gli ha portato elogi dalla critica mondiale e diversi premi (tra cui quello di miglior film commedia o musical) ai Golden Globes 2025.
Come in ogni musical, sono presenti "free moments", dove la libertà espressiva permette di manifestare (attraverso il canto) ogni principale emozione dei personaggi, espediente consueto ma assai difficile da piegare al servizio di una trama così cupa. Devo dare atto a Damien Jalet, autore delle coreografie, di avere saputo creare siparietti grotteschi, talvolta sopra le righe ma anche freschi, piacevoli e funzionali, che il talento (anche canoro) delle interpreti ha ben ottimizzato.
A proposito delle protagoniste, ho trovato superlative le performance di Zoe Saldana e Karla Sofia Gascòn (attrice transgender a me finora ignota); un connubio capace di regalare anche qualche attimo divertente e di necessaria distensione all'interno di una narrazione sempre "a corda tesa". Brava anche Selena Gomez (la cui abilità nel cantare era già nota) nei panni della moglie del boss, nonché madre dei suoi due figli.
La regia di Audiard è stuzzicante e incline al melodramma; questo film rappresenta per lui una grande sfida (dopo i pareri positivi raccolti da Parigi 13 Arr. e Un Sapore di Ruggine e di Ossa) e sicuramente un ulteriore step artistico.
Ognuno di noi, in fondo, è in cerca di se stesso, ogni giorno, attraverso le sfide della quotidianità che il lavoro, la famiglia e le scelte giuste o sbagliate ci pongono. Difficile convivere col proprio passato, anche dopo averlo cancellato.
È la riflessione che germoglia guardando la parabola di Emilia Pérez, un film per certi versi spietato, dolceamaro ma anche carico di amore, come sa essere spesso la vita.
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