di Bonigol
Il cinema è arte, creatività. L'estro di comunicare immagini, suoni e concetti alla maggiore quantità di gente possibile in maniera totalmente personale e soggettiva.
Per dinamiche che tuttora non mi spiego, il perverso tribunale del popolo social vorrebbe spesso aver voce in capitolo sulle decisioni (perentorie o meno) di registi e sceneggiatori riguardo a casting, ambientazione, sviluppi, scelta dei costumi, contestualizzazione e taglio da dare all'opera.
Leggere i commenti di questi "Torquemada" del web lascia supporre che perfino sulla scelta del fornitore di catering, sul colore dei biglietti da visita del direttore del suono o sulla marca di smartphone dei protagonisti avrebbero voglia di dissentire.
Non appena una casa di produzione annuncia la realizzazione di un remake, la trasposizione di un romanzo, un riadattamento, un sequel, un midquel o un prequel del sequel del midquel (etc.), i rapaci da tastiera piombano sull'argomento sentendo il dovere di dire la loro sul film in questione, in qualità di centro prospettico e oggettivo dell'universo cinematografico, manco fossero il nucleo attorno al quale ruota il nostro pianeta nonché l'unica verità possibile e considerabile, tutti contraddistinti da una caratteristica comune e cioè che nessuno di loro ha ancora visto quel film.
Prendiamo l'attualissimo caso di Biancaneve, live-action della Disney uscito da dieci giorni nelle sale italiane e che, dagli albori del progetto, ha sollevato più polvere della deflagrazione atomica a Hiroshima. Il motivo? La scelta di Rachel Zegler ("rea" di non avere un viso bianco come la neve) per il ruolo da protagonista, mossa interpretata (dai suddetti luminari) come un'offensiva della mentalità Woke, quasi come se l'inclusione rappresenti un peso per il mondo.
Biancaneve, a loro dire, DEVE essere bianca, meglio se anemica e magari anche cristiana. A parte che (lo dico da grande appassionato di favole, che ho passato la vita a collezionare) la storia di Biancaneve non ha origini e stesura certe; è una fiaba popolare tedesca, inventata chissà quando, ritoccata dai fratelli Grimm, limata dai passaparola e dalle influenze di numerosi scrittori.
Il personaggio di Biancaneve lo abbiamo già incontrato ben oltre i confini del contesto entro il quale essi vorrebbero confinarla a forza: l'abbiamo ritrovata in tutta la sua smielata limpidezza in videogiochi (come Kingdom Hearts o varie avventure principesche), si è prodigata in battaglia nel cinema fantasy (Biancaneve e il Cacciatore, del 2012) e in oriente ne hanno creata una versione perfida (nel manga di Kaori Yuki dal titolo Ludwig Kakumei) oltre a (vabbè) dozzine di rivisitazioni pornografiche con tripla penetrazione (nessuna rivolta popolare per "quella" purezza infranta).
Io stesso, da grande fan del Pinocchio di Collodi (probabilmente il libro che ho amato di più), ho visto il mitico burattino interpretato da un bambino (Andrea Balestri), da un adulto (Roberto Benigni), ricreato in computer grafica, affiancato (versione Disney) da un gatto e un pesciolino domestico, alle prese con vampiri e mostri da brividi (nell'anime che ha per sigla la canzoncina "naso di legno, cuore di stagno") o (aridaje) anche lui alle prese col mondo del porno.
Nessuno di questi personaggi ha saputo catturare l'essenza del libro di Collodi ma hanno ragione di esistere per il motivo di cui sopra (il cinema è arte, creatività...e anche ormoni, aggiungo per includere la versione a luci rosse).
Insomma, le favole vengono da sempre stravolte e le stesse sceneggiature dei classici Disney si sono prese più di una licenza in questo senso, zuccherando il finale di autentici drammi dell'infanzia, celebrando nozze totalmente fuori tempo, inventandosi baci al limite della necrofilia e tutto è andato sempre più che bene.
Toccate, però, il colore della pelle di Biancaneve, della Sirenetta (che tonalità ha il viso di una sirena?) o della fata turchina (che nel libro è una bambina, ma son dettagli!) e avrete la rivoluzione popolare! All'annuncio della scelta di Rachel Zegler, acclamata Giulietta (sì, avete letto bene) nel musical di Broadway Romeo + Giulietta, si è scatenata la guerra alla Disney, la protesta "ultras" di ciò che DEVE essere puro (secondo i criteri di purezza di chi parla, s'intende) e non ammette variazioni.
In molti sul web hanno impugnato le lance affilatissime dell'insulto e del boicottaggio. Uno squadrone di dissidenti pronti a demolire il film, a massacrarlo con mezza stellina di valutazione su portali come IMDb e Rotten Tomatoes, solerti come non mai nel diffondere un passaparola negativo sulle loro pagine o sui canali YouTube, con tanto di argomentazioni critiche che iniziano con "Un mio amico che l'ha visto mi ha detto che.." oppure "Alla gente non sta piacendo" e anche "È il flop del Woke".
Tutto ciò, ovviamente e rigorosamente, avendo visto il trailer e nient'altro, nemmeno i titoli di testa. Già, perché chi è stato al cinema alla proiezione di Biancaneve, tenendo in considerazione che si tratta di un film per bambini, sembra perlopiù uscirne soddisfatto.
A volte le premesse non sono buone (i nani realizzati in computer grafica, il bosco ricreato in studio) ma la capacità dello spettatore sa andare andare oltre, perché ha molte informazioni in più di chi si ferma al pregiudizio. Se fossimo privi di fantasia vedremmo sempre gli attori muoversi con un gigantesco telone verde dietro le spalle.
Io non lo so se questo film sia bello o brutto e non sono certo qui per promuoverlo, ma se le premesse non vi vanno a genio e siete già certi che il film sarà una schifezza inguardabile, non andate al cinema a vederlo. State a casa, mangiatevi una pizza o riguardate uno di quei capolavori che decantate in continuazione.
Pablo Larrain, grande autore di biopic, nel 2023 ha realizzato El Conde, un film su Pinochet, mostrando il dittatore sudamericano come un vampiro succhiasangue che in frac e mantello volteggiava sui cieli cileni incombendo sulla popolazione (sceneggiatura premiata con l'Osella al Festival del Cinema di Venezia). La storia si può raccontare in mille maniere, anche quella reale, figurarsi una fiaba. Il cinema è arte punto.
"Tastieristi di tutto il mondo" posate dunque il mouse e riposate i polpastrelli, non credete più a "mio cugino" e andate al cinema a visionare un film se volete dare il vostro parere.
Credo non l'avrei visto neanche se avesse rispettato tutti i canoni della tradizione disneyana.
RispondiEliminaQuindi non potrò esplicarne il mio parere. Ma forse potrei vederlo a tempo debito su Disney, magari con l'avanti veloce a risparmiarmi qualche frames di stanca, come capitato con quella ciofeconissima di Holland. ;)
Infatti alla fine il punto è: vale la pena di fare remake in live action delle opere Disney? Sì, no? Agli esperti l'ardua sentenza :D
EliminaGrazie per il tuo commento, che mi trova d'accordo. Disney+ è un buon compromesso che fa bene al portafogli, soprattutto nel caso di film per i quali non si è ancora deciso se valga la pena spendere un deca al cinema. Odio tutti questi commenti preconfezionati, scritti da gente che cavalca l'onda del branco demolitore senza prendersi la briga di vederlo. Se sia giusto fare live-action, sicuramente piacciono molto ai bambini e a livello commerciale è conveniente (nei cuori dei matusa però l'originale resta l'unico e solo). Certo, non conviene spendere 250 milioni + marketing per realizzare un film su un personaggio come Biancaneve (il cartone originale non è mai stato nelle mie corde). I live-action non possono costare tanto. Mi dici che Holland sia robaccia? Lo avevo messo in lista ma ci metterò un asterisco. Magari mi butto su altro, per ora.
RispondiEliminaGuarda.. non abbiamo gusti affini..ma credo che Holland sia un insulto anche per gli amanti del genere.. ;)
EliminaVa bene l'arte e la creatività, ma la coerenza dov'è?
RispondiEliminaA parer mio, non è un requisito da imporre all'arte del cinema. Abbiamo visto draghi volare, supereroi che polverizzano ogni legge fisica. Abbiamo visto viaggi nel tempo, animali antropomorfi, dialoghi cantati nei musical. E ci è anche piaciuto.
EliminaSe si vuole rispettare una favola, così come è stata scritta, che lo si faccia.
RispondiEliminaAltrimenti non è quella favola, non è quel libro, non è quell'opera. E' un'altra cosa. Che abbia anche un altro nome, allora.
Mio pensiero umilissimo. Ma non vado sui social ad imporre il mio pensiero, di cui importa poco anche a me stessa. Ho visto Biancaneve quando ero bambina, adesso che sono adulta non mi interessa più, semplicemente.
Sì esatto, alla fine anche la Disney ha cambiato le favole. Secondo me - ma io ho visto un riassunto e basta di quest'opera - è un'altra versione di Biancaneve e mi sembra non particolarmente "blasfema". Ma anche questo è il mio parere
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