Io amo Andrea: il ritorno del cinema di Nuti, l'amore e la fragilità maschile


Penultimo film diretto e interpretato da Francesco Nuti, "Io amo Andrea" (2000) è esempio perfetto delle caratteristiche del cinema dell'attore-regista toscano. È un cinema forse non adatto alle esigenze dello spettatore di inizio terzo millennio, diviso tra pellicole d'autore e il cinepanettone dalle mille battute sguaiate, ed è questa la probabile causa del flop al botteghino. "Io amo Andrea" è per me una pellicola invecchiata bene. 

E pur non avendo l'impatto di un Caruso Pascoski o di un Willy Signori, Dado Valente, veterinario fresco di divorzio, è un personaggio cucito alla perfezione su Nuti, che finalmente torna a puntare sulla sua comicità, sul tormentone "Tu sei pazza" e su quello - appositamente pensato per questo film - delle 50.000 lire, sugli sguardi, con alcune scene non-sense irresistibili (le evoluzioni sul tappeto elastico). Il suo personaggio è quello di un uomo realizzato professionalmente (così come in quasi tutti i suoi film), con una certa "presa" sulle donne, ma che spesso inciampa sulle proprie fragilità. 

I dialoghi con Andrea (Francesca Neri) alternano umorismo (geniale la battuta sui comunisti che si sposano in comune) a parole profonde sul rapporto di coppia, all'interno di una sceneggiatura che, a mio modo di vedere, è tutt'altro che prevedibile e banale, con una messa in scena assolutamente ricca di immagini suggestive, basti pensare alla festa in maschera, alla lunga passeggiata del protagonista in città, con il costume da dalmata indosso, e a una delle scene oniriche del cinema nutiano meglio realizzate, quella in ospedale. 


L'irruzione "fragorosa" di Francesca (Agathe De La Fontaine, bellissima) nella vita di Dado avviene con modalità già viste nel cinema, ma il film trova una direzione non scontata, passando da un rapporto a tre al rapporto a due tra Dado e Andrea. Francesca irrompe sulla scena, dicevo, in maniera fragorosa, in sella a una moto e con un'indimenticabile lap-dance; e sembra congedarsi, da Dado, in maniera davvero teatrale, con quella scritta con il rossetto sullo specchio che richiama una delle grandi "piaghe" degli anni '90 (chi ha visto il film capirà), con successiva scena memorabile del divano ribaltato. 


Ed è curatissima, la scena in cui i pattini di Francesca "spuntano" da uno scaffale di uno sgabuzzino: Dado deciderà di andare alla pista di pattinaggio e il caso gli permetterà di incontrare nuovamente non Francesca, ma quella che diventerà l'oggetto del suo interesse amoroso: Andrea. 

Il fatto che Dado, inizialmente, sia in competizione con una donna, per un'altra donna, è certamente un fattore di novità: siamo negli anni duemila e ancora un bacio tra due donne suscita sorpresa e fastidio negli occhi di un'anziana che sale sul treno, destinata a prendere poi un pugno da Nuti, in una scena tipica della commedia italiana degli anni '80 e dello slapstick tipico di certe pellicole dell'epoca. 

Il cinema di Nuti cura alla perfezione i dettagli, non sono nelle inquadrature della regia. E quando il cane Paco fa pipì sul tappetino elastico, Dado parla di "tappeto verde" e la scena diventa molto simbolica: in questo film, diversamente dal precedente "Il signor Quindicipalle" e da altre pellicole del passato, non c'è il tanto amato biliardo e il grido dell'autore è chiaro: "Non sputate sul mio passato cinematografico". 


"Io amo Andrea" è un film molto ricco, a partire dalla fotografia, che valorizza la splendida Milano by Night. Non manca la scena a bordo dell'autobus, di notte, una tipicità del cinema di Nuti, così come il tema dell'amore tra uomo e donna, la complessità di questo rapporto, che parte con una aperta ostilità sfociata in reciproche percosse nella scena clou della stazione, con successiva coda in Tribunale: il treno parte, Dado e Andrea si trovano faccia a faccia. Sguardo e gestualità di lei sono perfetti nell'esprimere compatimento e sdegno verso il rivale in amore, prima della resa dei conti interrotta dai Carabinieri.  

I due protagonisti si conoscono non tanto per caso, ma in modo sbagliato, essendo rivali in amore. Il sentimento che cresce tra i due è forte e ha il suo compimento quando si prendono uno cura dell'altra, e viceversa, durante una forte influenza.  

Il finale, pur essendo certi della riappacificazione tra Dado e Andrea, lascia qualche interrogativo: la vita è fatta di momenti di gioia e di dolore, di avvicinamenti e di separazione, ed è giusto non aver dato risposte chiare e definitive.

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