Caruso zero in condotta: l'ultimo film di un Nuti stanco, ma che sa ancora fare cinema



Caruso zero in condotta (2001) è l'ultimo film diretto da Francesco Nuti. Nella cinematografia dell'attore-regista toscano è centrale il rapporto tra uomo e donna, mentre in questa pellicola i fari sono puntati su quello tra padre e figlia.

La morale di fondo è rassicurante, così come ne Il signor Quindicipalle: i rapporti affettivi possono incrinarsi, addirittura rompersi, ma si può sempre mettere "una pezza calda" (citando la metafora del barbiere de Il signor Quindicipalle) o riparare. Lo attesta l'abbraccio finale tra il personaggio di Nuti, Caruso (solo una citazione dell'altro celebre psichiatra cinematografico, Caruso Pascoski), e la figlia Giulia. In Caruso zero in condotta si sfiora il tema del patriarcato: il padre di Caruso impartisce un'educazione rigidissima, con punizione sproporzionata alla marachella compiuta (il furto di ciliegie al contadino interpretato da Carlo Monni, "sprecato" in una scena "accelerata"). Caruso, venuto a conoscenza dell'appartenenza di Giulia a una baby gang, adotta la linea "durissima", ma alla fine si rende conto che la situazione doveva sì essere presa di petto, ma serviva una maggior apertura al dialogo con la figlia, adolescente ribelle, ma fragile. 


Il limite di Caruso zero in condotta è forse questo: non scava a fondo nella vicenda. Caruso, vedovo, è stato padre premuroso, ma allo stesso tempo probabilmente distante dalla figlia, che ha sofferto per l'assenza della madre. Anche lui sembra non aver superato il lutto della perdita della moglie: Giulia schiva gli schiaffi del padre solamente perché si fa trovare davanti alla tomba della madre, lui tronca i rapporti con tre corteggiatrici, che gli appaiono in alcune visioni. 


Sta qui la forza del cinema di Nuti: una regia impeccabile, una splendida fotografia, la costruzione di questi passaggi onirici (la scena della prostituzione è un bicchiere di acqua gelata sulla testa dello spettatore e ci fa immedesimare perfettamente in Caruso), alcune scene comiche tipiche del suo cinema (la lotta con la mosca in auto). 

Per questo non comprendo fino in fondo il giudizio negativo su Caruso zero in condotta. Certamente non è il miglior film dell'attore regista toscano: una certa  stanchezza sembra percepibile in certi momenti, mentre la sua comicità è spesso sacrificata. Pensiamo infatti alle sedute che affronta come psichiatra: in Caruso Pascoski era occasione per una divertente carrellata di pazienti alle prese con le loro nevrosi, qui il tutto si limita alla comparsata (divertente) di Platinette nei panni di una suora che vorrebbe farsi papa. Poi c'è Olga (Cecilia Dazzi), ma lei non è affatto un personaggio comico, per questo stridono i suoi atteggiamenti sopra la righe. 


Però Caruso zero in condotta è un film intelligente, che porta sullo schermo il tema della baby gang, descrivendone le dinamiche, fino ad arrivare al punto di rottura: la scena nella sala giochi, che mette in mostra tutto il talento di Nuti, certamente arrivato a quest'opera senza lo smalto dei tempi migliori, ma ancora capace di raccontare qualcosa. Il castello di carte costruito da questo gruppetto di adolescenti terribili crolla inesorabilmente: la pistola passa dalla mano del capobanda Diego a quella di Giulia, cadendo al suolo, così come cade al suolo la sua foto nella scrivania dello studio di psicanalisi di Caruso, un parallelismo efficace. In fondo i ragazzini volevano essere adulti e dietro il loro essere bulli c'era solo tanta fragilità, una fragilità che il padre, Caruso, non ha saputo intercettare nonostante i suoi titoli e la sua bravura. 


A volte il destino è beffardo, sta a noi affrontare con il giusto equilibrio le situazioni, consapevoli che in fondo a tutto si possa porre rimedio, tranne che alla morte. 

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