di Bonigol
Quando nel 1996 Paolo Virzì portò sul grande schermo "Ferie d'Agosto" non stava solo raccontando le vicissitudini estive di due famiglie dalle idee politicamente opposte ma si apprestava a dipingere un affresco dell'Italia di metà anni '90. A distanza di quasi trent'anni, "Un altro Ferragosto" non è una semplice rimpatriata nostalgica, che si pone lo scopo di ragguagliare lo spettatore su ciò che ne è stato dei due "clan" di villeggianti ma il sequel, profondo e a tratti malinconico, innesca una riflessione sul tempo che è passato e su ciò che è rimasto o è stato tramandato. Il risultato di questo raffronto tra "ieri e oggi" sfocia in un paio di film che ai più (compreso il sottoscritto) risulteranno un po' come la stessa faccia della medesima medaglia sulla quale vi è impresso il marchio nichilista "vitale" dell'insoddisfazione.
Sull'isola di Ventotene sbarcano (alla metà degli anni novanta) la famiglia Molino, capitanata da Sandro, giornalista intellettuale de l'Unità (interpretato da Silvio Orlando) e il "clan" dei Mazzalupi, che ha come leader il perentorio Ruggero (Ennio Fantastichini), armiere pronto a ostentare in ogni modo (soprattutto agli occhi dell' avvenente cognata) il suo successo finanziario, trattando tutti (anche gli stessi figli suoi) dall'alto in basso.
Tra i due nuclei familiari (dislocati in villette confinanti) si apriranno crepacci ideologici per la differente concezione di libertà, costume e società, alimentando l'eterno dibattito tra destra e sinistra.
Non è un caso che il palcoscenico di questo microcosmo sociale scelto da Virzì, sia proprio l'isola del confino dove, durante il regime fascista venivano deportati anarchici e dissidenti.
Lo scontro tra i due gruppi di villeggianti è una deflagrazione generazionale e ideologica che si evolve in un confronto con la vita. Pur essendo film corredati di titoli vacanzieri e dalla connotazione falsamente spensierata, a troneggiare saranno le vicende intime personali e gli intrecci sentimentali dei vari personaggi anziché le rare sequenze di spiaggia, mondanità o svago. Virzì sembra quasi (da buon "verista") non prendere posizione netta, ma testimoniare sul contenzioso quasi con affetto e ironia poiché contraddizioni e infelicità si nascondono in entrambi i mondi. Dietro le maschere ideologiche germogliano infatti, desideri repressi, fragilità e insicurezze comuni e a conferma di ciò è emblematica, nel film del 1996, la scena della notte di San Lorenzo, quando le stelle cadenti spingono i protagonisti a desiderare inconfessatamente tutt'altro che le loro vite attuali.
"Un altro Ferragosto" sembra però animato da una consapevolezza diversa. Inizialmente illude lo spettatore di poter tracciare un bilancio (dopo tre decenni) delle storie narrate nel primo capitolo (e in parte è ciò che fa). Il focus, tuttavia, viene ora spostato sui rampolli delle due famiglie, Altiero Molino, giovane imprenditore digitale, sposato con un fotomodello e Sabrina Mazzalupi, passata da "brutto anatroccolo" a influencer di tendenza, giunta sull'isola per celebrare, in diretta streaming, le nozze che vede come una rivalsa.
Sulla scia di questo filo conduttore che si snoda, tra varie vedovanze e malattie terminali, la satira sociale lascia spazio a un dramma più universale: l'avvicinarsi della morte, il tracciare un bilancio della propria vita, la ricerca di un senso. I personaggi sono invecchiati, e con essi anche le loro battaglie hanno perso energie. I giovani non hanno interesse a portare avanti la guerra ideologica dei genitori. Il tentativo del nuovo film, sebbene sguazzi nella stessa malinconia, non sta nel replicare lo scontro, ma nel mostrare la sua dissoluzione. Le ideologie sono sbiadite, le certezze del passato incrinate e ciò che aleggia è la pura e semplice umanità dei protagonisti, costretti a confrontarsi (oltreché coi loro limiti) con i fantasmi di una gioventù che non tornerà più e sarà sempre più flebile, così come l'ambizione dei Molino di poter migliorare il mondo con le loro idee, e l'illusione dei Mazzalupi che la felicità possa essere comprata con il denaro.
Sotto l'aspetto tecnico Virzì mantiene nei due film una finezza stilistica notevole: la regia corale, il tocco paesaggistico, la capacità di mescolare "dolce e salato" in dose accettabile. Un cast di tutto rispetto che include Sabina Ferilli, Christian De Sica e Gigio Alberti, riesce a farci giungere l'interiorità dei personaggi con poche, sagaci battute. Il legame tra i due film viene stretto attraverso citazioni e flashback che non sono riproposti a casaccio ma con il chiaro intento di sottolineare come, quelle frasi, a distanza di anni, abbiano assunto un peso diverso, a volte perfino beffardo.
Non considero "Ferie d'Agosto" e "Un Altro Ferragosto" tra le migliori opere del regista toscano sebbene si sforzino di offrire uno sguardo sull'Italia vista in due fasi ravvicinate ma relativamente lontane della sua storia recente, tuttavia rappresentano un ritratto umano agrodolce significativo che fa riflettere sul tempo che scivola via sotto i nostri occhi e sul vuoto che lascia, dove oltre a un amaro pessimismo cronico trova il suo spazio anche un piccolo barlume di speranza.
mi è piaciuto "Ferie d'Agosto", ma ho totalmente detestato "Un altro ferragosto" al punto che verso l'ora scarsa ho cambiato canale... perché non è un film, ma una fan-fiction scritta da un tredicenne che immagina il futuro della sua opera di fantasia del cuore (non scherzo, il sequel è nato così!).
RispondiEliminainfatti tornano tutti, (tutti quelli che possono, ovviamente), con cammei perfino degli stessi 3 carabinieri di 30 anni prima, come se fosse normale che non ci sia stato alcuni avvicendamento nella stazione di polizia locale... e gli altri personaggi sono diventati delle macchiette in cui viene estremizzato solo una caratteristica del loro carattere più sfaccettato dell'originale, una sega da fanfiction, appunto!
Tipo Silvio Orlando e il pollaio di Pertini simbolo della lotta antifascista ("mò je scrivo alla vonderlaien")... solo che la realtà ha superato clamorosamente a destra la fantasia, tant'è che giusto pochi mesi fa abbiamo avuto una scena ancora più raccapricciante con tutto l'arco politico della sx (o sedicente tale...) che DAVVERO si è recata a Ventotene ripetendo ossessivamente parole vuote peggio del Silvio Orlando in preda alla demenza del film... babba bia!