A inaugurare la serata di Sanremo dedicata alle cover, venerdì 4 febbraio, è stato Giovanni Truppi, accompagnato da Vinicio Capossela. I due cantautori hanno proposto al pubblico mainstream un brano cult per tutti gli appassionati di Fabrizio De André: "Nella mia ora di libertà", traccia conclusiva di "Storia di un impiegato" (1973), concept album all'epoca snobbato, giustamente riscoperto nei decenni successivi.
"Nella mia ora di libertà" è un brano che ovviamente va contestualizzato non solo all'interno del concept album, ma all'interno di tutta la produzione De Andreiana. "Storia di un impiegato" racconta le vicende di un "travet" 30enne che, influenzato dalle vicende del "maggio francese" e dai fatti del 1968, cerca di elevarsi e di sfuggire alla sua grigia e ripetitiva esistenza. Lo fa sfidando il potere - quel potere che lo ha condannato a questa "prigionia" - e compiendo un attentato nel quale però sbaglia in modo grossolano, distruggendo un'edicola invece di colpire il Parlamento, come da sua intenzione iniziale. In carcere l'impiegato capisce che la protesta individuale, sfociata peraltro nella violenza, è destinata a fallire miseramente. Anche nel caso in cui la bomba avesse effettivamente raggiunto il suo scopo, cioè fare strage di parlamentari, l'obiettivo di colpire il potere non sarebbe stato raggiunto.
Prima di effettuare l'attentato, l'impiegato in sogno aveva già avuto la rivelazione della verità: dopo aver messo la bomba in sogno a un ballo mascherato ("Il ballo mascherato"), il giudice rivela infatti all'uomo ("Sogno numero due"): "Ma al di sopra di me, per quello che hai fatto, per come lo hai rinnovato, il potere ti è grato". In pratica, il potere sta dietro le quinte e manovra dei "burattini" - simboleggiati dai diversi personaggi presenti al ballo mascherato - che ogni tanto vengono sostituiti (e non importa il "come" avvenga questa sostituzione). L'impiegato, di sua volontà, ha praticamente favorito il potere, è diventato mezzo di esso, tanto più da essere ripagato con un'assoluzione (parliamo sempre della dimensione onirica) e di essere addirittura inserito nella piramide del potere (ovviamente ai "piani bassi"), prendendo il posto del padre ("Canzone del padre"). La vita del "travet" si è fatta più benestante, ma ugualmente infelice e inappagante. Per questo l'impiegato, risvegliatosi dal sogno, decide di realizzare veramente quell'attentato pensato, nel tentativo di cambiare una società ingiusta: "Ora aspettami fuori dal sogno, ci vedremo davvero. Io ricomincio da capo". L'impiegato passa dalle intenzioni all'azione: sfida il potere ed è pronto a iniziare una nuova vita. Come già detto, sarà un fallimento totale.
Arrivando dunque alla fine di questo concept album, con il brano "Nella mia ora di libertà", l'impiegato in carcere prosegue la sua sfida individuale al potere. "Di respirare la stessa aria d'un secondino non mi va, perciò ho deciso di rinunciare alla mia ora di libertà". L'impiegato rifiuta di usufruire alla libertà dell'ora d'aria: il punto più basso della sua parabola, perché, come sgarbo al potere, questa sua ribellione rappresenta veramente una sciocchezza.
Qualcosa però cambia nella sua mente. L'impiegato ripensa al processo, all'opinione pubblica: "non mi aspettavo un vostro errore, uomini e donne di tribunale. Se fossi stato al vostro posto, ma al vostro posto non ci so stare". Continua dunque a essere convinto delle buone intenzioni del suo atto di violenta ribellione, lottare contro un potere ingiusto: continua ad assolversi, in sostanza.
Tuttavia capisce, riflettendo a fondo, "che non esistono poteri buoni". La società capitalistica-consumistica, quella in cui è condannato il povero che ruba il pane, può essere demolita alle fondamenta solamente con una ribellione collettiva. Non con l'obiettivo di sostituirsi al potere, diventando a sua volta un'autorità dispotica; ma cambiando veramente le radici della società capitalistica-consumistica. "Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti" è il verso che chiude il concept album e che rimanda alla seconda traccia, "Canzone del maggio". In "Nella mia ora di libertà", quel verso diventa un'esortazione: serve il contributo di tutti, in questa ribellione collettiva.
L'EREDITA' DI STORIA DI UN IMPIEGATO La storia italiana ha dato un verdetto: il movimento di protesta che legava studenti, operai e cittadini ha fallito, anche se negli anni '70 furono ottenute importanti rivendicazioni. Il fallimento della filosofia dell'impiegato, dopo il ravvedimento finale, è cantato alla perfezione da Giorgio Gaber negli ultimi versi di "Qualcuno era comunista". L'uomo è oramai prigioniero della società capitalistica-consumistica, quella su cui è fondata il Potere, un Potere praticamente insoverchiabile. E quelle rivendicazioni ottenute sono figlie di concessioni del Potere che sostanzialmente hanno riportato tutto al punto di partenza: l'impiegato è finito come nel sogno de "La canzone del padre", in un'esistenza certo più benestante, ma sostanzialmente grigia, ripetitiva, alienante. Quel benessere in più, propagandato dalla chiassosa televisione commerciale degli anni '80, è stato però sufficiente a chiudere tutti nel proprio orticello. Considerazioni che De Andrè aveva cantato in un pezzo criptico quale "Parlando del naufragio della London Valour". Storia di un impiegato aveva un finale aperto, ma poi è stato svelato e non è un lieto fine. L'impiegato, o meglio l'uomo, è infatti tornato prigioniero del suo individualismo.
Un brano intenso, massacrato da Truppi.
RispondiEliminaE mi dispiace che il mitico Mauro Pagani si sia reso complice.
Non ci ho fatto troppo caso, al "massacro"...anche perché dopo Geordie versione dance, è difficile fare peggio.
EliminaDavvero non esiste un brano di De André che non abbia sapore ed intensità...
RispondiEliminaVerissimo. E questo disco è di un'intensità pazzesca. Poco più di mezz'ora, ma tantissimi contenuti e tanti versi "cult"
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