Gli amici del bar Margherita di Pupi Avati: celebra la nostalgia, ma manca l'introspezione


"Gli amici del bar Margherita" (2009) è considerato un film in tono minore nella ricca produzione cinematografica del maestro Avati. Il genere è quello tipico avatiano della commedia con qualche pennellata d'amaro.  Non c'è la stessa "dose" di forte malinconia che è parte essenziale di cult come "Regalo di Natale" e "Festa di Laurea".  Manca inoltre un personaggio che sia il cuore pulsante della vicenda: il Franco di Diego Abatantuono e il Vanni di Carlo Delle Piane


Abatantuono c'è, nel cast: nei panni di Al, piazza un tormentone simpatico (ripete continuamente "nel mio piccolo"), ma non assurge al ruolo di protagonista, che è invece riservato a tutta la compagnia che anima il bar, nella Bologna dei primi anni '50. Non focalizzandosi su un singolo personaggio, o su un ristretto numero di personaggi, è limitato il processo di introspezione che è centrale invece in altri film avatiani. Ci sono dunque singole vicende che vedono per protagonisti alcuni dei membri della compagnia, vittime peraltro degli scherzi brutali degli amici (ma senza lo spirito caustico di "Amici miei"): il sogno sanremese di Gian (Fabio De Luigi), aspirante cantante, esilarante nelle sue esibizioni, e il sogno d'amore di Bep (Neri Marcorè). Poi ci sono i "traffici" di Emanuello detto Manuelo (Luigi Lo Cascio), probabilmente l'attore più in forma, esilarante nella scena degli occhiali a raggi X. 


Il narratore delle vicende è invece il più giovane della compagnia, Taddeo (Pierpaolo Zizzi), soprannominato "coso", che si aggrega perché diventa di fatto l'autista di Al, bravissimo recitare con marcato accento bolognese, mentre la sua fiamma Natalia . Suo nonno Carlo, interpretato da un grande Gianni Cavina, è il personaggio più malinconico e più avatiano. Impossibile non provare tristezza nel vedere messa a nudo la sua infantile ridicolaggine, imbarazzante sia nella partita di biliardo con Al, sia nel suo sognare a occhi aperti l'amore impossibile di Ninni (Luisa Ranieri), sua maestra di musica, che approfitta dell'infatuazione dell'anziano per portargli via i gioielli appartenuti alla moglie. 

Nel complesso "Gli amici del bar Margherita" è un film piacevole, che trasuda nostalgia e che riesce nell'intento principale del regista, quello di rievocare le atmosfere di una Bologna che ovviamente non c'è più. Avati celebra il bar, luogo di aggregazione che fa da cornice ad amicizie e anche tradimenti (non innamoramenti, visto che la compagnia non può portare donne al bar).  Non tutto il cast probabilmente è a suo agio: Fabio De Luigi trattiene la sua verve comica, Claudio Botosso, protagonista del sottovalutato Impiegati, interpreta l'industriale latin-lover Zanchi, un personaggio a mio modo di vedere fuori dalle sue corde. Alcuni spunti secondari sono a mio modo di vedere piccole perle: il tentato suicidio bevendo una bottiglia di cognac, il povero barista costretto a sopportare il soprannome di "water, waterino" e la coppia di negozianti che sfoggia un abbigliamento per ogni stagione. Altra nota di merito, la splendida colonna sonora di Lucio Dalla


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