Melodia orecchiabile, l'iconico fischiettio, un testo ricco, profondo e intenso, un finale struggente. "Vecchio Frack", brano di 70 anni fa di Domenico Modugno è un triste racconto in musica che parla appunto di solitudine, quella di un uomo vestito elegantemente con un frac (il titolo che risulta alla Siae è "Vecchio Frak, alla prima incisione era "Vecchio Frack", poi divenne L'uomo in Frac).
Un vero e proprio dramma, in un'epoca di canzoni d'amore "leggere", Modugno scelse di parlare di amore che conduce all'infelicità e alla morte.
Allo scoccare della mezzanotte chiudono i locali, ma l'uomo in frac rimane a passeggiare per le vie della città, un gatto randagio suo unico "interlocutore". Oltre a essere benvestita, è una persona benestante: ha due diamanti per gemelli, un pregiato bastone di cristallo. Ricchezza ed eleganza rappresentano l'apparenza, perché, guardandolo con attenzione in volto, quell'uomo è sofferente. È solo: non c'è nessuno, a casa, che lo aspetta. Quell'attimo d'amore vissuto in passato non tornerà mai più: il protagonista del brano, che è incapace anche di sognare, per alleviare la propria tristezza, continua a passeggiare finché non compie l'insano gesto: si getta in quel fiume che scorreva lento.
All'alba la città si risveglia, c'è chi apre la finestra mentre si desta dal sonno (suggestiva l'immagine "Sbadiglia una finestra") e nota una stranezza: un frac, un cilindro e una gardenia che galleggiano nell'acqua.
La canzone fu ispirata a Modugno da un vero fatto di cronaca: il suicidio di un aristocratico italiano, diplomatico, che si gettò dalla finestra di un hotel di Roma. In più il cantautore si fece ispirare da una leggenda raccontatogli dalla madre ai tempi della giovinezza, quella del fantasma del Castello di Conversano. La solitudine trasforma letteralmente una persona: nessuno la vede. E nessuno sapeva chi fosse quell'uomo in Frac, né da dove venisse.

Un tema che di rado viene proposto perché è ostico. Nessuno vuole pensare alla vecchiaia, alla morte, al decadimento.
RispondiEliminaQuesta è una bella canzone, una sorta di poesia. Ne apprezzo molto anche la melodia.
La melodia mi rapì, da bambino, e devo dire che non mi lasciò dubbi neanche il testo, capì subito che si stesse parlando di un suicidio. Un "oldies" (molto oldies) che ascolto sempre volentieri
EliminaLa morte è un tema fin troppo ricorrente. Ciò a mio avviso dipende dalle tante difficoltà della vita, dalle problematiche inerenti al superamento dei dolori, delle incongruenze che spesso si vivono e alle quali non sempre si riesce a dare risposte azzeccate, dalla scarsa propensione alla tolleranza, al sacrificio, alla rinuncia, alla comprensione reciproca; anche dal non saper accettare tutto quello che non è dipeso o dipende da noi e che ci è capitato o ci capita tra capo e collo all'improvviso. La vita è un libro interminabile e indecifrabile. Il più difficile da leggere. Ma molto dipende anche dal valore che si dà alla vita stessa e che oggi sta davvero scadendo ai livelli storici più bassi. Non si muore solo a causa dell'assurdità di una guerra, ma si muore anche anche a causa dell'assurdità di un gesto o di una reazione e dell'intolleranza che si respira in giro frutto di un clima di violenza davvero troppo sopra le righe.
RispondiEliminaCommento bellissimo, amico mio. La paura della morte ci accompagna quotidianamente, ma non deve toglierci la forza di "leggere" quel libro. Certo quello che abbiamo attorno spesso ci rende sfiduciati.
EliminaCanzone meravigliosa che suonavo con la chitarra da ragazzo e che canticchio ancora sotto la doccia. Il melodico di Modugno, però, proprio non riesco ad amarlo. Ho preferito la cover anni ottanta di Enrico Ruggeri. Il testo è meravigliosamente malinconico. Un addio al mondo elegante e poetico.
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